mercoledì 26 novembre 2008

Garmin serie H


Benché soddisfatto del funzionamento del mio buon Summit, recentemente ho acquistato il nuovo etrex H, curioso di valutarne la maggiore sensibilità di ricezione dell'antenna che, a detta della Garmin, anche in situazioni difficili, mantiene un buon segnale.

Prendendo in parola tali asserzioni, lo metto subito alla prova in uno dei luoghi più critici che ultimamente ho percorso, ovvero il breve sentiero n° 125 che congiunge il n° 5 al n° 6.
Il tracciato si sviluppa interamente nel sottobosco, lungo una stretta e chiusa vallata aperta solamente nel versante nord.

Ebbene, devo ammettere che sono rimasto notevolmente colpito dalla ricezione dei satelliti, la precisione del gps non ha mai superato i 9 metri contro i 44 metri registrati come miglior lettura del summit, che non riusciva ad agganciare più di 3 satelliti ed in maniere debole.

Notevole progresso confermato dal fatto che spesso anche nei luoghi chiusi il nuovo gps riesce a funzionare; certamente un miglioramento importante a conferma che nella nuova serie H, batte proprio un nuovo cuore!

Se quindi volete dimenticare i problemi di ricezione la nuova serie H fa esattamente al caso vostro.

Max

martedì 21 ottobre 2008

Brava!


Mi è piuttosto difficile scrivere questo diario senza esternare subito la mia soddisfazione per la grande prova di mia figlia; premesso ciò, ne inizio con piacere la narrazione.

Domenica 19 ottobre 2008, sono passate già le 8 e ci accingiamo a fare colazione.
Mentre rifletto su dove andare, mia figlia mi chiede candidamente il programma di oggi.
“Io vado a camminare”, le rispondo dandolo per scontato, …“perché, vuoi venire con me?” aggiungo sia per gentilezza che per non far pesare troppo a mia moglie il fatto che praticamente tutte le domeniche lo faccio lasciandole sole.
Senza troppo esitare, Alessia mi risponde di sì; ripetendolo anche a mia moglie stupita quanto me.

Nell’assimilare la sua risposta, che manda ovviamente in frantumi il progetto di una lunga escursione, devo lasciar passare qualche secondo per rendermi conto che a conti fatti, è proprio quello che desideravo, il principale stimolo per cui da qualche anno cerco di migliorare forma fisica ed esperienza, condividere la mia passione per il trekking con le persone a me più care.

Rincuorato dalla nuova prospettiva, comincio pazientemente a preparare lo zaino ed a scegliere l’abbigliamento, ed è solamente alle 10,45 che usciamo da casa con direzione Marciana.
L’idea di lasciarvi l’auto per raggiungere a piedi Chiessi, mi piace sempre di più, ed una volta raggiunto il paese potremmo ritornare indietro con l’autobus che parte da Pomonte alle 15,05.
Perfettamente consapevole di quanto sia difficile prevedere il tempo di percorrenza con mia figlia, non mi preoccupo più di tanto; per il rientro, qualora perdessimo il bus, possiamo sempre contare sull’aiuto della mamma o l’autostop.

Ore 10,47, ci mettiamo con calma in cammino attraverso i vicoli del paese seguendo i cartelli per la Madonna del Monte; la lenta ascesa si svolge tranquilla sotto un cielo velato da nubi basse, ma la piacevole temperatura comunque, ci consente di stare in maglietta.

Arriviamo al santuario alle 11,25 e ci concediamo la prima sosta, Alessia mi aveva già segnalato di avere fame ed il riempimento delle borracce con la fresca acqua della sorgente ormai è diventata una prassi consolidata.

Consumato il primo panino veniamo inaspettatamente coinvolti da una coppia di turisti, presumo, nella ricerca del loro cane Alì, taglia media, di colore nero, che alla vista di una cagnetta locale, ha visto bene di seguirla abbandonando i padroni che ormai in apprensione lo stanno disperatamente cercando.
Mi lasciano il loro cellulare, qualora dovessimo trovarlo… e con questo nuovo compito riprendiamo il cammino per Serra Ventosa.
Completamente assorta nella sua missione di salvataggio, al grido di Alì, Alessia trascorre l’ora successiva nel vano tentativo di trovare l’animale disperso.
“Chiamalo anche te” mi ripete sovente, l’accontento con piacere, compiaciuto che la sua attenzione sia occupata in tal senso e le eviti di pensare alla stanchezza.

Ad onor del vero, lasciato il santuario, il percorso è estremamente facile e piacevole, pianeggiante fino a Serra Ventosa per poi scendere per altri 2 chilometri, non credo proprio sarebbe stato un problema.

Qualche difficoltà, invece, comincia a manifestarsi con l’inizio della nuova salita, un tratto di poco più di un 1 chilometro che prelude l’arrivo al Troppolo.
Ci impiegheremo più di mezz’ora comprese un paio di soste per farla bere e riposare qualche minuto.
La devo incitare spesso, e prometterle una bella dose di latte condensato, che una volta arrivati, divorerà golosamente dopo aver mangiato un altro panino.
Una sosta di circa 10 minuti per il piccolo pasto e riposare, quindi riposto lo zaino ci incamminiamo verso il Semaforo, sono le 13,26.

Contrariamente a quanto indicato dal cartello, non continuo sul sentiero n° 3 per raggiungere Chiessi, ma scelgo il più breve n° 25, temendo di dover scomodare la mamma rimasta a Portoferraio, o di dover ricorrere all’autostop.

Ne raggiungiamo il bivio poco prima delle 14,00 e fortunatamente la costante discesa ci consente un’andatura decisamente più veloce, così Alessia mi segue senza difficoltà, preoccupata anche lei di perdere l’autobus e desiderosa di porre fine a questa escursione.

Il percorso, disseminato di corbezzole, diventa man mano più sconnesso e sassoso, ed il caldo è aumentato notevolmente per un sole che ormai è subentrato con autorità alle nuvole.

Vuoi per la stanchezza, vuoi per le fastidiose pietre, ma Alessia perde l’equilibrio, finendo a terra.
“Siamo arrivati” penso dentro di me, preparandomi per l’imminente pianto e le spiacevoli conseguenze.
Fortunatamente, scrollandosi un po’ di polvere dagli abiti, sembra non accusare particolari problemi, ha solo qualche leggero segno alla gamba destra che, celando la mia fretta, le suggerisco dolcemente di pulire porgendole una salvietta imbevuta.

Pochi minuti e siamo nuovamente in marcia, mi offro di tenerle la mano, cosa che accetterà solo per qualche minuto, mal sopporta la mia eccessiva sudorazione.

Le abitazioni del paese sono sempre più vicine, ma inesorabile il display del mio orologio segna che mancano pochi minuti alle 15,00.
“Dai che ce la facciamo” la incito, e intravedendo il prossimo asfalto le domando se è in grado di fare una corsetta.
“Sicuro” mi risponde sincera “ma non qui sul sentiero”.

Attraversiamo così velocemente la provinciale e dopo aver superato il piccolo ponte le comunico soddisfatto che ce l’abbiamo fatta, e che è stata bravissima; sono le 14,58 abbiamo anche il tempo di rinfrescarci un poco con le salviettine che porto sempre con me, mentre lei osserva dispiaciuta un piccolo pettirosso morto sotto una tettoia.

Alle 15,10 siamo a bordo del torpedone che strombazzando prima delle curve più strette in circa 20 minuti ci condurrà a Marciana, dove ripongo in auto lo zaino, e dopo aver indossato le felpe, ci tuffiamo nella piacevole festa d’autunno che è stata organizzata nella gremita piazza del paese, un panino con la salsiccia ce lo siamo proprio meritato!

Per gli amanti dei cani: rassicuratevi, Alì è stato ritrovato esausto il giorno stesso dal suo padrone.
Per gli amanti di trekking: solo scaricando i dati dal gps mi sono reso conto che mia figlia ha percorso 11 chilometri abbondanti.
Brava!!!

Max

giovedì 16 ottobre 2008

Family trek


Domenica 12 ottobre 2008, l’alta pressione regna sovrana da più di una settimana e le bellissime giornate che ci sta offrendo sono quanto di meglio si possa sperare per godersi sia il mare che la montagna.

Optiamo per una bella passeggiata fra i castagni del marcianese, e con calma, una volta preparati gli zaini, ci dirigiamo a Marciana dove posteggio l’auto nel parcheggio sottostante il paese.

Attraversiamo l’accogliente piazza, sono le 11,26 resetto il gps mentre mia figlia Alessia parte spedita alla testa della famiglia e mia moglie Grazia, osservando i locali aperti, rimpiange di avere dimenticato il portamonete a casa, “Un cafferino ci stava bene…” sussurra malinconica.

Facciamo poche decine di metri lungo il piacevole ed ombreggiato sentiero n° 1 che Alessia, un po’ per l’ora un po’ per la tipica impazienza dei bambini già mi domanda quando ci fermiamo a pranzare.
“Fra un po’”, le rispondo, certo che una risposta più esauriente sarebbe servita a poco.
Ho intenzione di portarle al romitorio di S. Cerbone, dove comodamente sedute sui rustici tavoli di castagno, potranno riposarsi e mangiare.

Impieghiamo circa 45 minuti per percorrere i 2 chilometri fino all’eremo, dove Alessia arriva con le tasche gonfie per le castagne raccolte, mentre Grazia sembra accusare un’anomala stanchezza.

Il luogo è stato scelto anche da altri escursionisti evidentemente anche loro interessati alle castagne, e così mia figlia incontra anche un suo compagno di scuola.
La sosta si protrae per una mezz’ora abbondante, quindi tolte le felpe ci rimettiamo in cammino per quello che sarà il tratto più impegnativo del nostro giro.
Il sentiero n° 1 infatti dopo poco diventa più ripido e gli ultimi 200 metri circa, prima di incrociare il n° 6, sono praticamente una scalinata di blocchi di granito, per fortuna al riparo dai raggi del sole.

“Forza, ci siamo quasi”, continuo a ripetere ad Alessia che accusa lo sforzo.
Concedendole solo alcune brevi soste per bere un po’ d’acqua, alle 13,05 svoltiamo finalmente sul sentiero n° 6, la cui più modesta pendenza permette alle mie care di recuperare il fiato.
Approfittiamo del bel panorama per fare qualche fotografia mentre i piccoli cesti metallici della cabinovia ci sfilano vicino.

Abbiamo ormai imboccato il n° 28 e comincio a pensare di aver preteso un po’ troppo da una bambina di 7 anni.
Mentre ne percorriamo lentamente un umido tratto, si lamenta insistentemente dicendo di essere stanca, ed è solo grazie agli inaspettati rumori emessi da quelli che dopo pochi metri si rivelano essere una bella coppia di mufloni che riesco a distoglierla dalla fatica ed a farla proseguire un altro po’.

Sono circa le 14,15 e siamo in prossimità del n° 10, le prospetto così la possibilità di abbandonare il 28 per scendere anzi tempo a Marciana, anche se questo comporterà il mancato passaggio dalla Madonna del Monte.
Alessia non esita nel rispondermi che vuole riempire la sua borraccia con la fresca acqua del santuario, si continua così a salire lungo il 28 che ci porterà proprio sotto la vetta del monte Giove.

Rassicurato e compiaciuto dalla sua risposta le rassicuro entrambe sul fatto che di li a poco la salita finirà e riesco a strappare perfino qualche risata a mia figlia nel inorridire per le continue ragnatele che prendo in faccia.
Dalle pendici del Giove il panorama è incantevole, e Grazia non può non ammette che ne sia valsa la pena.

Iniziamo così a scendere, Alessia mi supera ponendosi al comando, la sua stanchezza magicamente, sembra essere svanita ed assorta nel suo nuovo ruolo di guida si impegna alla ricerca dei piccoli cumuli di pietra che marcano il sentiero.

Sono quasi le 15,30 quando soddisfatti arriviamo al santuario.
Le concedo una meritata pausa, riempiamo tutte le borracce della freschissima acqua della fonte, mangiamo qualcosa ed aiuto Alessia a cercare qualche riccio da portare a scuola.
Nel frattempo Grazia ha scoperto il motivo della sua anomala stanchezza, … complicazioni femminili.

Benché piacevole, la temperatura nei tratti ombreggiati comincia a ricordarci che siamo in ottobre, rassettiamo quindi gli zaini e prima delle 16 cominciamo a scendere lungo la via crucis, sempre con Alessia in testa che divertita ora si nasconde dentro le piccole cappelle restaurate, ora raccoglie ancora castagne.

Attraversando le pittoresche vie di Marciana raggiungiamo la macchina che non sono ancora le 16,30; abbiamo percorso più di 8 chilometri e trascorso proprio una bella giornata!
Soddisfatto e fiero per come si è comportata Alessia, guido compiaciuto la vettura verso casa, e poco importa adesso se è crollata nel sonno.

Max

mercoledì 28 maggio 2008

GR20 - 2008

Da Col de Verde al Rifugio Paliri.

Come potevo non continuare il “mio GR20” dopo averlo abbandonato in una calda giornata di maggio a Col de Verde?
Quelle ore sudate a supplicare un passaggio sono tuttora un ricordo indelebile e così, probabilmente per scongiurare il ripetersi di situazioni analoghe, per questa mia terza edizione propongo a Gian Luca, un amico dei tempi di scuola e soprattutto abile marciatore, di continuare il GR fino a Col de Bavella.
Sarei più contento fino al Paliri… ma i giorni di ferie sono contati ed inoltre le condizioni meteo per le date a nostra disposizione non promettono nulla di buono.
E Mauro, il compagno della mia prima edizione?
Avrebbe tanto voluto essere con noi, ma per insormontabili motivi personali ha dovuto rinunciare; …spesso la scelta giusta è la più difficile.


23 maggio 2008
Sbarcati dal traghetto della Corsica Ferries con ancora in bocca il sintetico sapore del pranzo consumato a bordo (per guadagnare tempo), ci dirigiamo subito verso Solenzara.
La D 198 corre veloce lungo la costa orientale, la lasciamo per la D 268, considerata una delle strade più belle della Corsica (confermo!) ed in poco più di 2 ore siamo nel parcheggio di Col de Bavella.
Sono le 15,10, il luogo è incantevole, mecca di arrampicatori ed escursionisti per le pareti di granito che si ergono tutte intorno come maestose torri.

Parcheggiamo il mio Discovery e caricato lo zaino nell’agile Micra di Luca, scendiamo verso Zonza, quindi Quenza ed Aullene.
La massiccia presenza di maiali lungo la strada ed il fondo a tratti sconnesso indubbiamente ci rallentano, e l’oretta di viaggio da me preventivata, si raddoppia inesorabilmente.
Giungiamo al Relais S. Petru di Col de Verde che sono gia passate le 17,30.
La mia premura (avevo prenotato 2 letti il giorno prima della partenza) si rivela superflua, siamo solo in 3 escursionisti e lo scanzonato gardien che parla abbastanza bene l’italiano, per 33 euro oltre ad una doccia calda, ci offre letto, cena ed una Pietra (12 + 18 +3).
Ci corichiamo poco dopo le 21 sperando che le previsioni meteo per domani siano clementi.


24 maggio 2008
La sveglia è alle 5 del mattino, ma grazie al mio pessimo sonno ed all’intermittente russare di Luca prima delle 3 sarei già pronto per alzarmi.
Una rapida colazione ed alle 5,45 siamo già in cammino lungo un bel tratto di quasi 5 km in cui non posso fare a meno di scattare qualche foto.
Tranne l'ultimo pezzo, una costante salita di circa 2 ore, con cui raggiungiamo il rifugio dei Prati; il nome non poteva essere più appropriato, il paesaggio è bellissimo e mi complimento con il gardien per come è tenuto il rifugio.

Breve sosta per alleggerire il vestiario e via verso punta Cappella dove sfioriamo i 2.000 metri; pienamente appagati dalla salita (più che appagati, esausti) finalmente scendiamo fino ai 1.525 di bocca di Laparo; punto di incrocio con il Mare a Mare Centro, così ne approfitto per controllare sulla mappa la giusta direzione da prendere, e rabbrividisco nel constatare che purtroppo ci aspetta un’altra bella scarpinata fino ai 1.954 di punta Bianca.
Ci sembrava di aver già dato abbastanza, e rimpiangendo l’amico Mauro comodamente seduto nel suo studio a Portoferraio, lentamente ci prepariamo all’ennesima fatica.
Sono le 13,40, dopo praticamente 8 ore di cammino e 16,7 chilometri, arriviamo sfiniti al’Usciolu.
Per noi è arrivato il momento della doccia con l’urlo, come la chiamo io, sopravviviamo così increduli alla sferzata ricevuta dal freddo dell’acqua, e sorprendentemente rivitalizzanti ci mettiamo a lavare l’abbigliamento intriso di sudore.

Il rifugio non è in una posizione delle migliori, e l’area circostante ricorda più un accampamento nomadi.
In compenso dal gardien sembra si possa acquistare di tutto, un po’ il vecchio Bing di Alan Ford… è perfino possibile comprare cartoline postali, che come specificato dal un piccolo cartello, verranno recapitate il mattino seguente!
Chi cibo, chi pane fresco, chi perfino un paio di scarponi da trekking, sembrano tutti attratti dal questo personaggio, che imperturbabile nel suo trafficare, rallegra l’atmosfera con una successione continua di brani musicali corsi.

Prima delle 19 ci mettiamo ai fornelli, ormai il rifugio è al completo, ed alcune tende, preventivamente montate da “Bing”, attendono gli ultimi arrivati.
La cena comprende un abbondante piatto di spaghetti al tonno e pomodoro, che gustiamo con piacere, mentre i nostri abiti asciugano tesi sopra la stufa della cucina a causa dei continui capricci fra sole e nuvole.

Nel ringraziare la moglie per il sugo, le note caratteristiche della giornata sono state il vano tentativo di Luca di estrarre dal suo zaino l’abbigliamento dimenticato a casa, (trascorrerà l’intera avventura senza nemmeno un cambio di abiti), ed il mio di cercare di sbloccare l’intestino pigro.

Veramente stanco verso le 21 vado a letto, per il mattino seguente la sveglia è alle 5,30, per Usciolu – Asinau.


25 maggio 2008
Sufficientemente rivitalizzato dal sonno, veniamo svegliati da escursionisti più mattinieri di noi e così prima delle 5 siamo già in piedi.
Stavolta con più calma ci concediamo una piacevole colazione, per me una tazza di té con biscotti e miele.

La tappa giornaliera non è certo semplice, circa 16,5 chilometri e c’è da superare gli oltre 2.000 metri del monte Incudine.
Lasciato l’Usciolu, saliamo per poi zigzagare sulle creste sferzati da un forte vento di scirocco (presumo) che comunque fin ora ci ha tenuto lontana la pioggia.
Dopo circa 2 ore, finalmente abbandoniamo le creste per addentrarci nel verde di quello che poi diventerà l’altopiano di Coscione.
Luogo idilliaco attraversato da piccoli ruscelli e riparato dal vento, sembra proprio di essere in un altro mondo.

Approfittiamo di un piacevole ruscello per la foto di rito e soprattutto per mangiare un boccone mentre il cielo comincia a scurirsi con estrema velocità.
Poco dopo dei tuoni in lontananza, ci allertano su quello che nel giro di minuti diventerà un bel temporale.
Giusto il tempo di indossare le giacche e montare il copri zaino che si scatena l’inferno; pioggia e grandine, tuoni e fulmini, camminare in quella situazione non mi è affatto piaciuto, anche perché gli alberi sono ottimi parafulmini e passarci vicino non è certo salutare…
Fortunatamente dopo circa 15 minuti, più che sufficienti comunque ad inzupparci per bene, la pioggia diminuisce sensibilmente.

Attraversiamo un bel ponte in legno sorretto da cavi d’acciaio su quello che ritengo il ruscello Forcinchesi ed iniziamo la lenta salita verso il monte Incudine incrociando una coppia di francesi, ormai non piove più.
Oltrepassiamo le rovine di quello che resta del rifugio Pedinielli, un rifugio privato la cui costruzione evidentemente non è stata molto gradita….

L’ascesa si fa sempre più dura e ben presto la vegetazione cede il posto a pietre e roccia; il nostro lento procedere è alternato da brevissime soste, giusto il tempo di uno sguardo al percorso fatto e fare un respiro più lungo.

Attraversando con attenzione, per il forte vento, vari tratti di neve, raggiungiamo la vetta dove la croce, caduta su un fianco, è stata sconfitta dalle forze della natura.
Siamo a 2.134 metri di altezza e sotto di noi il rifugio dell’Asinau è solo un piccolo rettangolo fra pietre.
Certi che la fatica sia finalmente finita cominciamo felicemente la discesa verso il rifugio.
In effetti il primo tratto sempre lungo la cresta non riserva particolari sorprese, ma una volta lasciata, comincia il dramma.
Sono le 12,30 e mi ci vorrà poco più di un’ora per percorrere il più schifoso, duro e pericoloso tratto di GR che abbia mai fatto.
1.600 metri di ripide rocce bagnate, dove scivolare e farsi male à veramente facile; mi ostino a seguire le “balise” benché il lato destro, da dove è sceso Luca, sembri migliore.
Alle 13,40 ci ricongiungiamo al desolato rifugio con le gambe doloranti e piuttosto alterati, almeno per quanto mi riguarda.
Per la mancanza del gardien e l’inciviltà di chi ci ha preceduto la sporcizia regna sovrana e non è certo motivo di entusiasmo, come non lo sono le galle formatesi nei piedi di Luca ed il dolore della mia spalla destra.

Mentre pulisco l’unica pentola disponibile decidiamo di concederci un po’ di riposo ed un buon piatto di spaghetti con gli ultimi pomodorini veraci rimasti.
Trascorrere il resto della giornata in quel luogo non ci alletta affatto, così decidiamo di proseguire per Col di Bavella, dove anche se arriveremo in serata, abbiamo lasciato la mia auto.

Ricaricate parzialmente le pile grazie al buon pasto consumato ed al caldo sole, forse sottovalutando la distanza che ci separa da Bavella, riempiamo le borracce ed alle 15,26 riprendiamo il cammino.
Ancora discesa fra pietre e stranamente pochi segnali fino al guado di un piccolo ruscello che attraversiamo con estrema concentrazione.
Peccato che subito dopo non presto attenzione al fatto di avere la suola bagnata e così, scivolando su una roccia, volo a terra fortunatamente senza troppi danni.

La morfologia del sentiero per fortuna, ci consente un’andatura abbastanza sostenuta, almeno a tratti, così ne approfittiamo ed in 1 ora e 10 arriviamo al bivio con la variante alpina, che benché consigliata per la bellezza ed oltretutto più breve, evitiamo; per oggi di salite e discese ne abbiamo abbastanza.
Curioso, quindi, l’incontro con tre escursionisti probabilmente alla loro seconda tappa, ci descrivono il cammino fino a Bavella come un’interminabile odissea di molte ore; non prendo ovviamente in considerazione il loro avvertimento e sogghignando, piuttosto, penso a dove dovranno passare loro, specialmente domattina lasciato l’Asinau…

Il tempo passa ed il sentiero non sembra terminare mai, ma non abbiamo nessuna intenzione di arrenderci, la meta è Bavella ed è li che arriveremo.
Come preannunciato dalla lettura della mappa IGN, l’ultimo tratto di quasi 2 km è in salita, la ciliegina sulla torta!
Ore 19,20 stanco ma euforico per la grande prova portata a termine mi concedo perfino una foto ricordo a pochi metri dall’asfalto, oltre il quale c’è parcheggiato il mio Discovery.
Ora dobbiamo solo sperare di trovare un letto in qualche gite.

Il primo tentativo è un fiasco, ma proseguiamo la ricerca fino all’Auberge du Col de Bavella, dove oltre a due confortevoli letti ed una fantastica doccia calda, per cena ci viene cucinata anche una deliziosa zuppa.
Non ci posso credere, proprio quello che desideravo!
In assoluto il gite migliore in cui ho soggiornato, pulito ed accogliente, per 32 euro offre la mezza pensione; divideremo la camera con altre 4 persone.

26 maggio 2008
Colazione alle 7 ovviamente con pane e marmellata, quindi, grazie al lungo cammino di ieri, stamani arrivare al Paliri sarà una breve passeggiata.
Con lo zaino notevolmente alleggerito, impieghiamo circa 1 ora e mezzo per percorrere il breve tratto di 4,3 chilometri di sali e scendi a cui ormai siamo abituati.
Il rifugio è indubbiamente il più bello fra quelli visitati e benché il gardien sia assente, è tutto in ordine; la posizione nel verde a ridosso di un alta parete di roccia poi, è eccezionale.
Qualche foto, approfitto del bagno grande e via si torna a Bavella.
Il nostro trekking si conclude prima delle 11,00 e data la calda giornata pranzare in riva al mare, magari dopo un bel bagno rinfrescante ci sembra proprio un’ottima idea.

Prima di mezzo giorno siamo già in spiaggia a Solenzara, e dopo il primo bagno della stagione una fantastica salade exotique alla Voile Rouge, un bel ristorante-pizzeria sul mare, corona i nostri sforzi.
Meglio di così non poteva finire!

Torniamo tranquillamente nel pomeriggio a recuperare l’auto di Luca a Col de Verde, decidendo di avvicinarci a Bastia via Corte.
Passeremo la notte a San Martino di Lota, un piccolo paesino a pochi minuti dal porto da dove l’indomani il traghetto ci riporterà a Livorno.

Prima della partenza dall’Elba non avrei mai pensato di riuscire a fare tanta strada in solo 2 giorni e mezzo (52,4 km).
Il secondo giorno poi, abbiamo camminato per circa 12 ore e 27,1 chilometri!
Sono veramente soddisfatto, e nello scrivere questo diario ricontrollo l’irritazione delle mie spalle, non è stato un sogno!

In un continuo sali scendi, fra vette e boschi il GR20 non ti permette di mollare; la sua bellezza è la mia forza!

Max.

lunedì 14 aprile 2008

Un bel percorso

In previsione del trekking in Corsica per fine maggio, decido di misurarmi su un percorso di un certo impegno.

Lascio così l’auto a Pomonte, ed inizio a salire per il 31, supero l’Orlano e in prossimità del Cenno, lascio il GTE e con una breve deviazione raggiungo il 35, giusto per registrare questo breve tratto nel gps.

Ritorno indietro e proseguo la salita verso le Mura e poi la Grottaccia, le condizioni meteo non sono ottime, il sole è debole a causa di un continuo passaggio di nubi basse sospinte da un fastidioso vento da est.

Raggiungo Malpasso incerto se fare lo 00 o costeggiare il massiccio del Capanne, opto così per la strada più lunga ma più sicura, non ho voglia di superare le ferrate del crinale con il fastidio del vento ed il timore di scivolare sul granito, ancora umido nelle zone in ombra per la pioggia della notte.

Qundi scendo giù per il 5, dove mi trattengo circa 20 minuti per pranzare, proseguo poi per un breve tratto del 1, quindi il 6 ed il 28 fino a raggiungere il 10.

Comincio ad accusare un pò di stanchezza lungo i tornanti in salita del 10, ma so che una volta raggiunta la Tavola per tornare a Pomonte è tutta discesa.

Nel frattempo il sole ha preso pieno possesso del cielo ed il fresco vento adesso è molto più sopportabile.

Raggiungo il 3 e lo percorro fino al bivio con il 4 che attraverso un gran numero di tornanti mi riporta sulla strada asfaltata di Pomonte.

Un anello di 18 km. e 1.200 metri di ascesa accumulata in cui mi sono veramente divertito ed impegnato.

Max

giovedì 10 aprile 2008

Mappe a confronto


Per quanto riguarda la topografia e la sentieristica elbana possiamo trovare in commercio varie cartine, ma a questa varietà corrisponderà un’uniformità di dati fra loro e soprattutto fra le carte e la realtà?

Mi sono preso la briga di mettere a confronto queste 4, vediamo qual è il risultato.

La prima “isola d’Elba” della Kompass 1:30.000 del 2002
La seconda “Elba cartoguida” della Comunità Montana dell’Elba e Capraia 1:25.000 del 2002
La terza “carta dei sentieri” del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano 1:30.000 del 2006
La quarta “isola d’Elba in mountain bike” della Gemini 1:25.000 del 2005.

Prima di cominciare è bene sottolineare innanzi tutto la differenza delle date di stampa fra le prime due e le altre, quindi il fatto che la quarta della Gemini è specifica per bikers, e quindi non vi sono riportati molti sentieri per loro difficilmente percorribili.

Le foto di seguito riportate, si riferiscono a due situazioni in cui oltre a valutarne il dettaglio possiamo facilmente determinarne la precisione.

La prima è un tratto del sentiero 70 in quel di Calamita
Appare subito evidente, come confermato inoltre dal mio tracciato gps che il sentiero 70 una volta raggiunta la cessa taglia fuoco la segue in direzione sud ovest verso monte Rotondo, come ben leggibile nella carta 3, bella la definizione per la 4, peccato che il sentiero non sia altrettanto ben evidenziato…
Nella carta 1 la definizione non è eccellente, comunque riproduce con esattezza il sentiero, che invece è erroneamente tracciato nella 2, dove viene fatto attraversare la cessa e risalire per il serrone delle Rose, buona per contro la definizione.

La seconda situazione è nei pressi di Mortigliano E’ subito evidente che sia nella carta 1 che nella 2 viene riportato sia il sentiero 39 che il 55, nella 1 questo ultimo senza il numero.
Nella quattro per i motivi detti in precedenza, non solo sono assenti entrambi, ma non c’è nemmeno il 26.
La carta 3 è l’unica che giustamente non li riporta, dal momento che non esistono, come confermato nel mio articolo del 29 gennaio "Sentiero 55" e traccia quindi solamente il 26.

Con un po’ di pazienza si posso trovare altre incongruenze ed errori, come nella zona del Colle di Procchio fra il sentiero 18 ed il 44 ma già sulla base di quanto esposto e soprattutto sull’uso che ne faccio non ho dubbi nell’affermare che l’ “Elba cartoguida” della Comunità Montana dell’Elba e Capraia è sicuramente la più inesatta, i sui errori non sono giustificabili nemmeno pensando che è vecchia di 6 anni, ed è apprezzabile solo per la buona definizione.

Anche la prima “isola d’Elba” della Kompass, probabilmente risente dell’età, migliorabile nella definizione e precisione.

La terza “carta dei sentieri” del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano non riporta completamente la numerazione dei sentieri, opera alcuni "tagli" vedi Galenzana e Caubbio e andando contro tendenza rispetto alle altre ridisegna in vari punti il passaggio di alcuni sentieri (GTE compreso)… molto bene, se anche la segnaletica sul terreno verrà adeguata!

La quarta “isola d’Elba in mountain bike” della Gemini, peccato sia dedicata espressamente alla mtb, infatti anche se perfettamente tracciati riporta pochi sentieri perché possa essere usata per l’escursionismo, ne apprezzo molto comunque sia la definizione che la precisione.

Tirando le somme nessuna carta è esente da difetti, almeno finchè la Gemini non vorrà realizzarne una anche per i trekkers.

Max

giovedì 27 marzo 2008

Sentieri nel Capoliverese


Il promontorio Capoliverese, dominato dal monte Calamita è indubbiamente un’altra bellissima zona dove praticare trekking.
La Fattoria Costa dei Gabbiani e l’insediamenti minerari ne occupano la maggior parte ed hanno indubbiamente preservato l’habitat dalla cementificazione.
I suoi sentieri sono in buona parte costituiti da strade sterrate su cui, benché vietato, non è impossibile incrociare qualche auto o moto, per gli amanti della mtb questo luogo è un vero paradiso.

Purtroppo anche in questa vasta zona la mancanza di segnalazione è fortemente penalizzante, anche perché i sentieri in realtà sono molti di più di quelli riportati sulle cartine, e di conseguenza la pressoché assenza di marcatura non contribuisce certamente a semplificare le cose.
Mi è già accaduto di dover aiutare escursionisti che pur dotati di mappa erano in difficoltà sul cammino da seguire.

Un vero peccato a cui auspico si possa porre rimedio con rapidità data la morfologia del terreno e l’ampia viabilità.

Max

lunedì 17 marzo 2008

SOS Sentieri


I sentieri e la loro segnaletica mi stanno particolarmente a cuore, ne avevo già parlato a gennaio in “Sentieri che passione” e mi ritrovo dopo appena due mesi a parlarne ancora.

L’occasione me l’ha data il n° 41 che descrivendo un anello a monte di Chiessi, costituisce un perfetto esempio di non corretta marcatura e palese stato di abbandono.

Partendo dal ponte, dopo aver percorso meno di 500 metri di strada sterrata, si comincia a salire con una serie di tornanti.
Sono 200 metri piuttosto malmessi per il numero di pietre rotolate sul sentiero e solo sporadicamente segnalati.

Superare un primo bivio privo di marcatura tenendo la sinistra e continuare a salire, passati 40 minuti si raggiunge la spianata presso Il Capo, sono ancora ben visibili i muretti a sasso che delineavano i campi coltivati di una volta.

Da qui bisogna girare a destra attraversando il pianoro verso un rudere, direzione che avrei individuato molto più rapidamente se non avessero divelto una pietra di granito di segnalazione, già i segnali sono pochi, se poi vengono anche rimossi….

Attraverso una serie di tornanti si ricomincia a scendere fino ad attraversare un piccolo corso d’acqua, subito dopo ci si trova davanti una recinzione, andate a sinistra in salita, solo dopo troverete segnalazioni in abbondanza.

Avvicinandosi a Chiessi si incrocia il sentiero n° 3 proveniente dal S. Bartolomeo, ultimo tratto di 300 metri che porta fino alla piazzetta della chiesa.

Bel sentiero, ma certamente bisognoso di manutenzione, cura e maggiore segnalazione, che come in altri sentieri è spesso assente proprio dove più serve.



Informazioni utili sulla marcatura dei sentieri presso:
http://www.fieitalia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=124&mode=thread&order=0&thold=0

Max

giovedì 28 febbraio 2008

Garmin Legend C


Benché non più in produzione da quando è stato sostituito dal Legend HCx, si può ancora trovare in commercio a prezzi veramente bassi (specialmente negli States) grazie al favorevole cambio euro / dollaro.

Fra i vari gps che ho avuto senza dubbio il migliore, rapido nella visualizzazione, mai perso il segnale, molteplici possibilità di personalizzazione, eccezionale per autonomia delle batterie.

Eccellente rapporto qualità prezzo, lo consiglio vivamente.

Per valutarne a fondo le caratteristiche:
https://buy.garmin.com/shop/shop.do?cID=167&pID=255

Max

lunedì 25 febbraio 2008

Sentiero 2

Il sentiero n° 2 collega l’abitato di Poggio (330 m sl) alla vetta del monte Capanne (1019 m sl), praticamente una costante ascesa di 2,7 chilometri che solo in pochi e brevi tratti concede un po’ di tregua.

La partenza particolarmente impegnativa soprattutto per gli sconnessi gradoni di roccia da superare, è ben segnalata e curata, ottimo esempio da seguire, peccato che tale impegno sia stato profuso solo per poche centinaia di metri.

Infatti, continuando la salita solo sporadici e sbiaditi tratti bianco rossi confermano il corretto cammino.

Indicazioni a parte è comunque una "scalinata" molto bella da fare, consigliata specialmente a chi non disdegna la fatica; decantarne il superbo panorama mi pare superfluo.

Concludo con la personalissima soddisfazione di leggere in vetta il mio Garmin Legend C marcare esattamente i 1019 metri di altitudine!
Max

mercoledì 13 febbraio 2008

Itinerari consigliati


Capo di Stella

Il promontorio di capo di Stella è senza dubbio uno fra i luoghi più belli e suggestivi dell’isola.
Divide il golfo di Lacona da quello del Margidore con i suoi 12 chilometri di sentieri e strade sterrate.
La dorsale subito a destra del cancello d’ingresso taglia sapientemente a metà il promontorio, garantendo una vista magnifica, mentre la fitta rete di sentieri che lo costeggiano, consente in più punti di scendere sul mare cristallino sia ad est che ad ovest.
Pini ed eucalipti contendono sporadicamente il territorio alla tipica macchia mediterranea ricca di rosmarino, cisto, ginestra e dell’onnipresente pruno caprino.
Sicuramente un’escursione non impegnativa adatta anche a chi non allenato vuole immergersi nella natura.

Max

venerdì 8 febbraio 2008

Idratazione, sacca o bottiglia?

Elementi indispensabili per qualsiasi uscita, dalla breve passeggiata al trekking di più giorni, i contenitori per l’acqua sostanzialmente si dividono fra la bottiglia e la sacca.
Entrando più nel dettaglio, valutiamone le caratteristiche.

Adattabilità agli zaini:
Completa per la bottiglia, che può essere inserita sia internamente che esternamente in qualsiasi zaino.
Ridotta per la sacca che per poterla sfruttare correttamente, è necessario avere uno zaino compatibile, generalmente contrassegnato dalla sigla H2O.
Questo sia perché al suo interno si trova una tasca di alloggiamento appositamente creata sia perché dotato di una piccola apertura nella parte superiore da cui far uscire il tubo bloccato poi sugli spallacci da apposite clip.
Una scappatoia la permettono quelli zaini non compatibili che però hanno delle strette e lunghe tasche laterali esterne tali da contenere la sacca.
L’azione di contenimento in posizione verticale comunque è indispensabile per poterla sfruttare a pieno e correttamente.

Peso:
Praticamente analogo il peso di una bottiglia (tipo Sigg) da 1 litro e una sacca da 2 litri, per entrambi sui 140 grammi.

Robustezza:
Ottima per la bottiglia
Discreta per la sacca, il tempo e l’uso incidono maggiormente su questa ultima.

Praticità uso:
Discreta per la bottiglia
Ottima per la sacca, bere senza doversi fermare è molto utile.
Da sottolineare che comunque esistono tubi con pipetta appositamente realizzati per le bottiglie.

Capacità:
Minore per la bottiglia, generalmente da 1 litro ma con varie alternative che difficilmente superano il litro e mezzo.
Maggiore per la sacca, generalmente da 2 litri, e che varia dal litro fino ai tre; è sconsigliato comunque riempirle completamente.

Pulizia:
Semplice per la bottiglia.
Più complessa per la sacca, dal cui interno è più difficile rimuovere residui di liquido che possono creare un campo fertile per i batteri.
Per una pulizia completa ed efficace comunque si può ricorrere all’uso di apposite pastiche o liquidi disinfettanti.

Costo:
Per la bottiglia da 1 litro oscilla dagli 8 a 14 euro secondo la marca.
Da 9 ai 20 euro per una sacca da 2 litri sempre secondo la marca.

Concludendo, a favore della bottiglia va l’adattabilità allo zaino, la robustezza e la pulizia, mentre a vantaggio della sacca la praticità d’uso e la maggiore capacità; costo e peso sono sostanzialmente ininfluenti ai fini della scelta.

Per esperienza personale l’alloggiamento della sacca a contatto con la schiena provoca un certo riscaldamento del liquido in essa contenuto anche con temperature miti, così quando la scelgo, supero il problema inserendo una parete isolante fra la sacca e lo schienale dello zaino (un pezzo di materassino da campeggio è perfetto).

Direi che il metodo migliore è quello che si adatta meglio alle esigenze personali, quindi ognuno scelga come crede, e buona bevuta!

Max


giovedì 31 gennaio 2008

Diario GR20 - 2007

Grazie all’esperienza acquisita lo scorso anno e l’ulteriore studio in fase di programmazione, intendo ricongiungermi al tratto abbandonato nel 2006 dopo la bergeries di Tolla e proseguire possibilmente fino al rifugio dei Prati.
L’idea di viaggiare da solo non è assolutamente un problema, unico inconveniente presumo sarà il rientro a Vizzavona, dove lascerò l’auto.

1° giorno – domenica 20 maggio
Parto con la prima nave da Portoferraio alle 5,10 ed una volta sbarcato a Piombino arrivo tranquillamente a Livorno da dove alle 9,00 parte il traghetto per Bastia, la durata della navigazione è di 4 ore.
Sbarcato a Bastia mi dirigo a Vizzavona (via Corte) e dopo circa 100 km, posteggio l’auto davanti alla piccola stazione ferroviaria per chiedere la disponibilità di un letto al “Rifuge de la Gare”.


E’ un gite d’etape del GR20 dove per 34 € si può scegliere la ½ pensione.
Le camere con letti a castello sono da 4 o 6 posti ed il bagno e la doccia sono in comune, la gestione familiare è all’insegna della cortesia e disponibilità, si possono prenotare i letti che vengono forniti solo di cuscino e coperta telefonando a M. Pinelli tel. 04 95472220.
Opto per la ½ pensione ed una volta in camera preparo la zaino per domattina, sarà una giornata impegnativa, un anello di circa 17 km con un considerevole dislivello (+ 1500 m. / - 1300 m. circa).

2° giorno – lunedì 21 maggio
da Canaglia via Tolla, Rifugio Onda fino a Vizzavona
8h e 30” di cammino – 17 km circa
Sveglia alle 5,00 circa, ricca colazione e poco prima delle 6,00 sono già in guida per Canaglia, dove parcheggio l’auto ed inizio il cammino, sono le 6,20.
Il sentiero sale dolcemente nel verde costeggiando il torrente Manganello, cammino spedito grazie anche al peso leggero dello zaino (5 kg.) in cui ho inserito lo stretto necessario, e solo 1 litro di acqua in 2 borracce, scelta che si rivelerà sbagliata.
Dopo circa 1 ora raggiungo il GR20 in prossimità del bivio per le bergeries de Tolla, breve sosta per foto e riparto.


Continuo a salire senza sforzo fino al rifugio dell’Onda, 1430 m. di altitudine, sono le le 8,20.
Il rifugio è bello e ben tenuto, un pannello solare offre luce ed acqua calda, esternamente un bagno ed una doccia completano i servizi.
Mi trattengo 50 minuti per usufruire del bagno e mangiare un boccone, quindi approfitto dell’arrivo di un gruppo di francesi per ricomporre lo zaino e partire.
Lasciato il rifugio la salita diventa più impegnativa, supero i 2100 m del passo del Muratello verso le 11,00 piuttosto stanco ed accaldato, complice anche la bellissima giornata di sole, e con la riserva idrica agli sgoccioli.
Devo così approfittare di un piccolo corso d’acqua che incontro scendendo, per riempire le mie due borracce, saggia decisione!
Al riguardo suggerisco di portarsi del disinfettante per l’acqua, in casi del genere ti tranquillizza su quello che bevi.
Il piccolo ruscello diventa sempre più consistente e rumoroso, supero così le cascades des Anglais, tentato di fare un bel bagno rinfrescante, ma l’idea poi di dovermi rimettere scarponi ed abiti sudati non mi piace affatto, così stringo i denti e proseguo il cammino fino a Vizzavona, dove arrivo alle 14,50.
Dopo una bella doccia ed una fresca birra Pietra il gestore del rifugio gentilmente mi accompagna a riprendere l’auto a Canaglia , quindi cena e a letto, stavolta divido la camera con altri due ospiti francesi, e domattina si parte alla volta del rifugio delle Capannelle.

3° giorno – martedì 22 maggio
da Vizzavona a Capannelle
4h e 45” di cammino – 15 km

Parto alle 6,00 esatte da Vizzavona con lo zaino al completo, il che significa 14 kg. circa sulle spalle e con i primi 6 chilometri di lenta salita nella bellissima foresta di larici, ci metto più di un’ora ad abituarmi al maggior peso.
Poco prima di arrivare ai 1640 m. di Bocca Palmente, supero la sorgente e ne approfitto per un sorso di freschezza, di li a poco scollo la vetta, sono le 8,00 e lo scenario che si presenta alla mia vista è stupendo, infatti oltre monti e vallate si scorge il mare della costa orientale.
Durante la discesa attraverso la pittoresca bergeries d’ Alzeta e ne approfitto per una foto, quindi il sentiero continua più o meno sullo stesso livello fino alla fine.
Attraverso l’asfalto della D 169 e poco dopo sono al rifugio delle Capannelle, anzi ai rifugi, sono le 10,45.
Il posto non è certamente dei più belli, una volta era una stazione sciistica, e sono ancora visibili i piloni di sostegno.
Riguardo ai rifugi uno è ben tenuto con tanto di terrazza e ristorante, è privato e la mezza pensione è obbligatoria, l’altro quello del parco sembra in abbandono, mal messo, privo del bagno e con una doccia a dir poco fatiscente evidentemente l’intenzione è quella di invitare le persone a soggiornare nell’altro.
Ovviamente decido per quello del parco, e dopo una doccia rinfrescante, ne approfitto per fare il bucato, dare una pulita dentro il rifugio e quindi prepararmi un meritato riso al tonno.

Mi sono appena seduto al sole che arrivano i miei primi compagni di tetto, sono le 12,30 circa e nel pomeriggio il rifugio sarà completo.
Unico italiano faccio presto amicizia con la coppia di francesi conosciuti a Vizzavona, il più riservato Pierre ed il garbato Christophe, che presto coinvolgerà anche due simpatiche ragazze tedesche a bere una birra, ebbene si, benché uomini duri abbiamo temporaneamente ceduto alle tentazioni del “lussuoso” rifugio sottostante.
Sono le 19 ed è ora di cena, torno su a preparare la minestra, quella in busta da 5’, e dato l’affollamento e i soli due fuochi a disposizione dovrò attendere il mio turno.

4° giorno – mercoledì 23 maggio
da Capannelle a Col de Verde
4h di cammino – 14 km

In effetti sarebbero 13,2 km in 3h e 40’ se non avessi sbagliato sentiero…

Non sono ancora le 6,00 che sono già pronto per partire, Pierre e Christophe mi suggeriscono così di avviarmi dato che sono a conoscenza del mio programma di tornare a Vizzavona in autostop… magari vogliono fare gruppetto con le due tedesche, penso io…
Così senza fare troppe domande, li saluto e mi avvio.
La luce è veramente bella, il sole è sempre basso ed il panorama eccezionale.
Cedere troppo spesso alla tentazione di fotografare i bellissimi paesaggi che offre il GR20 significa allungare anche di ore il cammino, così mi limito all’essenziale.
Poco dopo transito vicino alle bergeries E Traghjette, quindi dopo più di un ora di marcia, in prossimità di un tornante, sbaglio proseguendo a dritto ingannato da una pila di pietre davanti a me, che mi faranno così perdere tempo e pazienza…
Torno sulla retta via dopo 20’ incontrando gli amici francesi, da questo momento in poi viaggeremo insieme.
La maggior parte di questa tappa è in discesa, con numerosi punti di approvvigionamento d’acqua, ne approfitto talvolta per bagnarmi la testa, e come la tappa di ieri, per chi ama il bosco è l’ideale.

Arriviamo a Col de Verde alle 10,00 esatte, e dopo una birra ed i saluti di rito (loro proseguono per il rifugio dei Prati), mi metto a fare l’autostop, sono le 10,20.
Alle 15,00 mentre comincio a pensare di trafiggermi il ventre per muovere a compassione qualcuno, la vista del sangue ha sempre il suo effetto, una coppia di turisti francesi si offre di portarmi fino a Vivario… non ci posso credere!!!
Peccato che lui sbaglia strada e così invece di 30 minuti (sono 37 km per Vivario) mi infliggono “solo” 1 ora e 50 minuti di finestrino chiuso, perché forse lei aveva paura di prendere fresco, fuori c’erano solo 28 gradi, e ben presto in auto abbiamo superato i 30!
Arrivo così alla stazione ferroviaria di Vivario alle 16,50, narcotizzato dal caldo e dalla stanchezza, e mentre cadono anche alcune gocce di pioggia da un piccolo nuvolone di passaggio, un gatto non so se per giocare o per il mio aspetto cadaverico mi pianta anche un morsetto nella gamba…
Il treno per Vizzavona è alle 17,37, cosa può accadere ancora?
Lo stupore della signora Pinelli nel rivedermi è ancora indelebile nella mia mente, per me è la fine di un’odissea!
Doccia, cena e alle 21 sono già a letto, in camera da solo per giunta.

5° giorno – giovedì 24 maggio
Faccio con molta calma colazione, e con abiti “civili” saluto il gestore, sono le 7,30.
Durante il trasferimento a Bastia, faccio varie soste, a Corte, a Ponte Leccia ed a Furiani (periferia di Bastia) per acquisti vari.
Il forte caldo mi fa rinunciare ad un tuffo nel bellissimo mare di capo Corso, lasciare l’auto chiusa al sole temo comprometterebbe la qualità dei salami e dei formaggi che ho appena acquistato.
Attendo così fino alle 15,00 la partenza del traghetto.

Senza dubbio una bellissima esperienza anche se di soli quattro giorni, viaggiare in solitario ha ovviamente vantaggi e non, personalmente gli unici rammarichi sono stati il tempo perso per il rientro, avrei sostato volentieri al rifugio dei Prati, ma vista la difficoltà per trovare un passaggio ho fatto bene a rinunciarvi, e il dispiacere per quello che si sono persi i miei amici a non venire, trattenuti da cause di forza maggiore.
Per il prossimo anno?
Magari proseguire il cammino fino a col de Bavella, anche se non mi dispiacerebbe provare il Mare a Mare sud.

Max


martedì 29 gennaio 2008

Sentiero 55

Ritengo opportuno segnalare che non ostante sia indicato su alcune mappe, come nella Cartoguida della comunità Montana, del sentiero 55 non ho trovato nessuna traccia.
Bello e ben segnalato al contrario il 26, che così ho percorso in entrambe le direzioni e lungo il quale però non sono riuscito ad individuare nemmeno la biforcazione per il 39.
Per precisione informo inoltre che con il sentiero 55 è indicato anche un tratto di strada sterrata a nord dei monti S. Martino e Barbatoia.

29.01.2008 - Max

giovedì 24 gennaio 2008

Vandalismo & incuria


Segnalo con dispiacere un atto di vandalismo ai danni della baita in legno collocata sul monte Perone nella zona dei tavolini.

Per forzare la porta d'ingresso ne è stato divelto il telaio, quindi è stato spaccato dall'interno il doppio vetro di una finestra, il tutto condito dalle solite scritte e sporcizia.

Come se non bastasse, l'incuria e l'abbandono a cui è stata purtroppo condannata questa struttura ha fatto si che anche il tetto, specialmente nel lato sud, marcisse ed ora è in procinto di crollare.

Almeno questo poteva essere evitato con un minimo di manutenzione, magari affidandola a qualche associazione che se ne fosse presa cura...

24.01.08 - Max

lunedì 21 gennaio 2008

Bella prova di orientamento

In un affascinante percorso di circa 11 chilometri Maurizio, il leader dell’associazione Pioneering in the world, ha sapientemente collocato le 10 lanterne, e dopo aver suddiviso la dozzina di partecipanti in piccoli gruppi, mappe e bussole alla mano, dal parcheggio di S. Ilario verso le ore 10 ha dato inizio alla prova.

In compagnia di Sandra e di un Renato con le ali, strepitoso il suo viaggiare in salita, ho compiuto l’intero tragitto in circa quattro ore.
Squadra affiatata, condizioni meteo ottime, paesaggio incantevole, non potevo chiedere di meglio.
Un grazie quindi ai miei compagni di "gioco" e complimenti all’organizzatore.

20/01/08 - Max

venerdì 18 gennaio 2008

Diario GR20 - 2006

Trekking in Corsica dal 28/5/06 al 02/06/06
Premessa:
Prima della partenza ho dedicato molto tempo a leggere guide, diari altrui e pianificare possibili percorsi, alla fine scelgo di fare il tratto di GR20 da Col de Bavella a Vizzavona, che ci avrebbe impegnato da martedì 30 maggio a venerdì 2 giugno compresi.
Contrariamente a quanto programmato, le condizioni meteo modificheranno i nostri piani...


1° giorno – 28.05.06 – Domenica
Parto di buon mattino con la nave da Portoferraio delle ore 5 e 10, sbarco a Piombino e verso le 7 e 30 arrivo nella zona portuale di Livorno per l’imbarco sul traghetto della Corsica Ferries.

Dopo pochi minuti di attesa mi fanno salire a bordo, ed alle 8 e 15 in orario, partiamo alla volta di Bastia dove arriverò dopo 4 ore di navigazione.

Lascio Bastia verso le 12 e 30 ed un ora dopo con la N193 arrivo a Corte.
Trovo alloggio per la notte presso Kyrn Floor (Chez M. et Mme Valentini) a U San Giovanni 3 km a SUD di Corte sulla N193, luogo tranquillo e piacevole; quindi nel pomeriggio decido di fare un’escursione in auto fino a Vizzavona per acquisire informazioni sul luogo di arrivo del nostro futuro trekking.
Vicino alla stazione ferroviaria di Vizzavona prenoto una doppia a mezza pensione (84 €) per venerdì sera all’hotel “I Laricci”, quando arriveremo stanchi sarà molto utile.
Intanto il caldo è in aumento, il termometro segna 28°

2° giorno – 29.05.06 - Lunedì
Durante la mattina acquisto la cartina dei sentieri 1:25.000 (IGN 4251OT) e prendo informazioni sui rifugi e sulle codizioni meteo presso l’ufficio del Turismo a Corte.
Alle 15 circa arriva Mauro, partito stamani dall’isola d’Elba, fa ancora molto caldo 29°, quindi propongo un cambio di programma, e decidiamo di fare il tratto alpino del GR20 (da Col de Verghio a Vizzavona); così andiamo a Vizzavona a lasciare il mio Discovery.
Ci arriviamo poco prima delle 16, lo parcheggio accanto alla stazione ferroviaria, quindi trasferiti i bagagli ci dirigiamo a Cole de Verghio, dove arriviamo alle 18,30.

Alloggeremo all’hotel Castel di Verghio (90 € per 1 doppia a ½ pensione con bagno), una struttura un pò trascurata, ma l’accoglienza è cordiale ed il cibo è buono.

3° giorno – 30.05.06 - Martedì
Partenza da Col de Verghio: ore 7 e 15
Arrivo rifugio Manganu: ore 12 e 35
Chilometri percorsi: circa 16
Tempo impiegato: 5 ore e 20

Questa prima tappa sarà caratterizzata da un forte vento freddo per l’intera giornata, avvistiamo le prime tracce di neve presso Bocca a Reta (1883 m.), da dove si gode una vista bellissima del lago di Nino.


Arriviamo al rifugio Manganu (1.601 m.) fra i primi, il rifugio è ancora in fase di allestimento, così il “guardiano” non ci chiede il pagamento per la sosta notturna e l’uso della cucina (9,50 €), per i più temerari c’è anche la possibilità di doccia fredda, ma con quel vento Mauro è il solo che ci riesce!.

Nel pomeriggio il rifugio è completo, alcuni dovranno dormire in cucina e c’è chi passa la notte in tenda.
Parlando con altri ragazzi, veniamo a conoscenza di una tempesta in arrivo, e per poco non abbandoniamo con loro il Manganu per andare al Pietra Piana, ma preferiamo aspettare e decidere il mattino seguente se continuare sul GR20 o scendere a Corte per il Mare a Mare Nord.
La nostra si rivelerà una saggia decisione, infatti dopo circa 3 ore il gruppetto di arditi fa ritorno al rifugio stremato dal freddo nel tentativo di superare invano Punta alle Porta.

se non ricordo male il rifugio ha una capienza di 35 letti;
no segnale telefono

4° giorno – 31.05.06 - Mercoledì
Partenza da Manganu: ore 7 e 25
Arrivo rifugio Pietra Piana: ore 13 e 25
Chilometri percorsi: circa 9
Tempo impiegato: 6 ore

Al risveglio il tempo non sembra male, il vento è diminuito, anche se tornerà a soffiare a metà mattinata, così partiamo verso Pietra Piana.
La tappa si rivela dura, tocchiamo i 2235 m. di quota a Punta alle Porta, e quindi veramente esausti superiamo Punta Muzzella camminando ancora tra la neve.


Arriviamo al rifugio, molto bello, che ci sono ancora 7 posti liberi su 26; poco dopo è tutto pieno e la custode, felice di ospitare 2 “cugini” elbani, noleggerà varie tende agli ultimi arrivati.
Non posso sottrarmi ad una sferzante doccia fredda mentre Mauro, dato che c’è segnale, parla al telefono con la moglie.
Il pasto serale, preparato dall’affabile signora, è a base di figatellu, dolce locale e bottiglia di vino, una concessione che ci siamo meritati, e che in ogni modo ci costa 25 € a testa (pernotto compreso).

5° giorno – 01.06.06 - Giovedì
Partenza da Pietra Piana: ore 6 e 50
Arrivo Tattone: ore 10 e 50
Chilometri percorsi: circa 14,5
Tempo impiegato: 4 ore


Sveglia alle 5,30 sotto 15 cm. di neve, la segnaletica del GR20 è invisibile!!!
Fortunatamente un gruppo di abili trekkers guidati da un nativo di Calvì ci fanno strada nella tormenta di neve che ci apetta appena lasciato il rifugio; non ostante il maltempo, è impossibile non apprezzare il paesaggio, siamo passati dalle vette alpine di ieri ad una bellissima foresta con tanto di fiume (il Manganello) che scorre vicino al sentiero.
Quindi tutti insieme, superata alle 9 la Bergeries di Tolla, decidiamo di abbandonare il GR20 per la variante Mare a Mare Nord, che ci porterà fino a Tattone e da dove potremo raggiungere Vizzavona.

A causa della neve appena cuduta, preseguire per il rifugio dell’Onda sarebbe stato impossibile, perché da li avremmo dovuto superare punta Muratello a più di 2100 m. per scendere a Vizzavona.
Ovviamente scendendo di quota la tormenta di neve lascia presto il posto ad una leggera pioggia, che aumenterà vicino a Tattone.

Partiamo da Tattone alle ore 11 dopo aver salutato e ringraziato i nostri compagni d’avventura e ci incamminiamo per Vizzavona, piuttosto bagnati (sotto l’acqua dalle 9,30 circa) alle 11 e 50 recuperiamo il Discovery, ad una temperatura di 8° indossiamo gli abiti asciutti lasciati nell’auto e ci abbuffiamo al ristorante della Stazione.
E’ finità!

Dopo pranzo e con calma, torniamo a Col de Verghio per recuperare il Freelander di Mauro passando da Ajaccio e Porto con una breve sosta alle Calanche di Piana, su tutta la costa ovest fa caldo e c’è il sole, incredibile pensando a quello che abbiamo passato la mattina!
Così con una passeggiata di 155 chilometri che percorriamo in circa 3 ore e mezzo, torniamo all’hotel Castel di Verghio, dove passiamo la notte.

6° giorno – 02.06.06 - Venerdì
Partiamo da Col de Verghio ore 7 e 30 e dopo circa 100 chilometri arriviamo a Bastia verso le ore 10.00
Giunti al porto paghiamo una penale di 30€ per aver anticipato la partenza, quindi nell’attesa shopping.
Leggera pioggia a tratti.

Conclusioni
Niente da obiettare sull’attrezzatura, abbiamo avuto del materiale inutilizzato, ma che in ogni caso andava portato; per quanto mi riguarda una pinza per pentole mi sarebbe stata utile, e non ho dubbi nell’affermare che Mauro avrebbe desiderato tanto un paio di pantaloni lunghi!!!
Le scorte di acqua e cibo sono state calcolate perfettamente per un autonomia di 4 giorni.
Nelle cucine dei rifugi abbiamo sempre trovato un buon numero di pentole, piatti e posate, la possibilità di acquistare del cibo in scatola (mai fatto) o come a Pietra Piana di gustare piatti tipici cucinati dalla custode; per l’acqua nessun problema, ce n’è in abbondanza.
Mauro è stato un ottimo compagno di viaggio, e forse con altre 2 notti mi sarei anche abituato al suo fragoroso russare (la notte non aveva rivali!).

Unici rammarichi, non aver potuto prendere il treno, che per rifacimento dei binari era fuori servizio, e l’inaspettata affluenza nei rifugi (sempre strapieni).
Il GR20 è perfettamente segnalato, consiglio comunque di portare sempre una cartina della zona che si intende percorrere, per noi è stata utilissima nel pianificare l’alternativa da Pietra Piana.

Il tratto che abbiamo percorso ne è un po’ il cuore, e anche se sono state solo 3 tappe abbiamo avuto modo di vedere una gran varietà di paesaggi.
Mi pare superfluo decantarne la bellezza, auguro solamente a coloro che non ci sono mai stati di andarci e a chi conosce già la Corsica di tornarci, io spero di farlo quanto prima.

Max

mercoledì 16 gennaio 2008

Diario GTE - 2006

1° giorno

Zona portuale di Portoferraio, area autobus, quello per Pomonte dovrebbe partire alle 5 e 35 ma è solo alle 5 e 45 che le luci del torpedone ci tranquillizzano, pensavamo già alle possibili alternative!
Arriviamo comunque in perfetto orario, attraversiamo il paese e passando davanti ad un panificio, un pezzo di pizza ancora calda “cade” nello zaino di Mauro!
Ad onor del vero, Mauro se la mangia subito, mentre è Gaia che gli stiva i nostri pezzi nel suo zaino.
Più avanti notiamo l’indicazione di una fonte, dove è possibile fare il carico di acqua; ancora 100 metri e raggiungiamo il piccolo ponte in legno(1) che segna l’inizio del GTE con il sentiero 31, sono le 7 e 15.

Resetto il GPS, prendo nota dell’ora e via!
Si comincia a salire fra terrazze coltivate; dopo circa 850 metri di cammino il primo incrocio(2) fra il sentiero n° 9 che continua a costeggiare il fosso di Pomonte verso Est ed il 31 che gira a destra in direzione Sud Est verso il monte Orlano.
La salita diventa presto più ripida e con 11 kg sulle spalle, è opportuno dosare bene le forze; giusto il tempo di arrivare sull’Orlano che comincia a piovere, così sfruttiamo un caprile(3) come riparo, ed attendiamo pazientemente 55 minuti prima di riprendere il cammino sotto una pioggerellina leggera; l’umida attesa non ha giovato al mio tendine destro che comincia a pungere, ma cerco di non dargli importanza.

Oltrepassiamo un secondo bivio, una deviazione che congiunge il sentiero 31 al 35; superiamo poi il monte Cenno e le Mure felici nell’ incontrare ancora altri caprili, se la pioggia aumenta...
Superiamo il colle della Grottaccia, e poco dopo siamo al bivio(4) formato da quattro sentieri l’ 8, il 9, il 30 ed il 31; alcuni mufloni si fanno avvicinare fino a poche decine di metri, consapevoli di essere nel loro habitat ideale, per poi allontanarsi rapidamente a loro piacimento; intorno alle 11 cessa finalmente di piovere, e proseguiamo la salita in direzione di Malpasso(5), dove scolliamo nel versante nord alle 11 e 12 incrociando lo 00.

Subito sotto troviamo la biforcazione del GTE, ovviamente seguiamo il n° 5 verso Est ed alle 11 e 40 decidiamo di fermarci una mezz’ora per il pranzo.
Approfitto volentieri delle schiaccine sotto vuoto confezionate da Gaia, del resto per alleggerire lo zaino di un amico si fa questo ed altro!
Svegliamo Mauro che è riuscito pure a schiacciare un breve “pisolino” ed alle 12 e 30 attraversiamo la strada asfaltata(6) lasciando il n° 5 per il n° 18.

N° - Luogo Coordinate - GPS - Altitudine - Distanza km. - Orario
1 - partenza da Pomonte - N42 44.913 E10 07.540 - 33 m. - 0 - 7.15
2 - bivio fra s. 9 e 31 - N42 45.095 E10 08.017 - 139 m. - 0,9 - 7.31
3 - Caprile sull’Orlano - N42 44.750 E10 08.404 - 448 m. - 2,5 - 8.15*
4 - bivio fra s. 8 , 9 , 30, 31 . - N42 45.552 E10 09.786 - 623 m. - 5.6 - 10.14
5 - Malpasso - N42 46.123 E10 10.326 - 836 m. - 7.3 - 11.12
6 - Perone (asfalto) - N42 46.631 E10 11.990 - 617 m. - 10.2 - 12.30

* da questo momento l’orario è “ingrassato” dalla sosta forzata di 55’ nel caprile.

Evidentemente distratto dalla conversazione (come dice la moglie due cose contemporaneamente non riesco a farle...) non mi accorgo di un evidente segnale bianco rosso e così perdiamo il sentiero, fortunatamente sono solo 100 metri ed in pochi minuti torniamo sulla retta via.

La discesa diventa sempre più ripida ed il dolore al tendine adesso è veramente forte, così rantolando ed imprecando spero che il sentiero spiani il prima possibile.
Non è certo di consolazione il fatto che anche Mauro sia in difficoltà, il suo ginocchio sinistro è da tempo che lo ha lasciato...

Sorretti così da una ferrea volontà, ma più che altro trainati dalla valanga Gaia raggiungiamo lo sterrato più ampio avvolti dal profumo delle ginestre spinose in fiore (il pruno caprino per intenderci), circa 500 m. e arriviamo alle Solane, quindi abbandoniamo lo stradone(7) e superando il modesto monte Castello, raggiungiamo il Colle di Procchio(8) , sono le 14 e 22.

A questo punto lo zaino ha svolto perfettamente il suo compito: spaccarci irrimediabilmente le spalle e la sosta di 20 minuti é solo un effimero sollievo prima di attraversare il caldo asfalto della provinciale.
Un consiglio: nell’ attraversare non proseguite, come indicato sulla carta, nella stessa direzione da cui siete venuti, ma costeggiate la provinciale in direzione Sud per prendere il primo asfalto sulla sinistra; questo perché la fine del n° 18 è erroneamente tratteggiata più a Sud.

Siamo sul 44, inizialmente in asfalto, e grazie nuovamente alla nostra carta dei sentieri, che all’altezza del campo sportivo indica di seguire la destra, commettiamo un altro errore che ci costerà circa 15 minuti per poi riattraversare il ponte e fare rotta tenendo la sinistra per casa Miliani (lo sapevo che bisognava passare di qui!).
Raggiungiamo un grosso rudere dove, come se non bastasse, il n° 44 comincia decisamente a salire ed il sole a picchiare sulla schiena.

Poco prima di congiungersi con il più ampio sterrato del sentiero 48(9), nell’attendere i miei compagni, desto l’interesse di una vipera ancora mezza addormentata, ed è solo grazie al grido di Gaia che evito di calpestarla... dite che mi ha salvato la vita?
Non credo, si era solo spaventata.

Sostiamo 10 minuti per bere e riprendere fiato e proseguiamo sul 48 fino ai pressi di Buca di Bomba(10), intersezione fra i sentieri 48, 55 e 65, dove lo abbandoniamo per il più impegnativo ma panoramico 65, che ci fa passare dal monte S. Martino (Termine(11) e dal monte Barbatoia, per poi continuare sul trafficato stradone militare.

Esausti, procediamo per inerzia, calamitati verso la fattoria di monte Orello, con le scorte di acqua oramai agli sgoccioli attraversiamo l’asfalto di Colle Reciso(12) passando dal 65 al 64, quindi superata fonte Schiumoli(13) attraversiamo il ranch di Antonio, mancano poche centinaia di metri, e finalmente alle 18 e 05 raggiungiamo la fine della tappa; proprio sotto di noi c’é la villa che ci attende per la notte!

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km.- Orario
7 - S 18 - N42 46.758 E10 13.393 - 180 m. - 13,4 - 13,39
8 - Colle di Procchio - N42 46.709 E10 14.778 - 49 m. - 16,1 - 14,22
9 - bivio fra s. 44 e 48 - N42 46.510 E10 16.342 - 243 m. - 19,1 - 16,00
10 - bivio fra s. 48 , 55 e 65 - N42 46.780 E10 16.345 - 284 m. - 19,7 - 16,20
11 - Termine - N42 46.584 E10 16.615 - 368 m. - 20,3 - 16,35
12 - Colle Reciso - N42 46.892 E10 18.732 - 201 m. - 24.0 - 17,27
13 - Curva dopo f. Schiumoli - N42 47.084 E10 19.299 - 162 m. - 25,1 - 17,46
14 - Arrivo fattoria m Orello - N42 46.959 E10 19.558 - 246 m. - 26,3 - 18,05

Benché fisicamente molto provati, l’ alloggio per la notte si rivela un vero toccasana, il freddo dovuto soprattutto alla stanchezza ben presto svanisce di fronte al caldo tepore di un bel caminetto acceso, e lo scoppiettio della legna diventa ben presto una piacevole melodia.
Gaia prepara un ottima cena che non poteva concludersi che con una bella bottiglia di rosso portataci dall’amico Maurizio.
Telefonicamente, abbiamo sentito più volte l’amico Alberto, avrebbe voluto unirsi a noi, ma impegni di lavoro l’hanno trattenuto; con l’ultima chiamata ci comunica di raggiungerci al mattino per la seconda tappa.
Dubbiosi sulle nostre capacità di recupero, confortati comunque dalle considerevoli ore di sonno a disposizione, ma soprattutto dalla bustina di Aulin presa dopo cena, alle 21 e 30 andiamo a dormire, perplessi sul domani.


2° giorno

Se il mattino ha l’oro in bocca non lo so, ma di sicuro la dormita ed il robusto analgesico ci hanno rimesso in sesto, e senza nemmeno consultarci ci prepariamo per la seconda tappa.
Con un mesto messaggino Alberto ci avvisa di dover rinunciare, peccato (per lui), ma tanto è giovane ed avrà certo occasione di riprovarci....

Facciamo colazione, prepariamo gli zaini già alleggeriti dal cibo consumato la sera prima, decidendo di lasciare in custodia al disponibile signor Giorgio (il responsabile della fattoria), i sacchi a pelo e altre cose inutili, risultato? abbiamo risparmiato circa 3 kg.!

Sono le 7 e 30 e le basse nubi sospinte dallo scirocco non ci intimidiscono, partiamo in direzione del monte Orello(15).
Raggiunta la vetta, mi rendo conto di avere dimenticato le borracce sul tavolo della cucina, così mi aggiudico il premio di bella fava, che consiste nel posare lo zaino e correre a prenderle; 15 minuti di “puro divertimento”.

Riprendiamo a scendere alle 8 e 17 lungo il sentiero che costeggia il fosso dei Catenacci fino a casa Marchetti(16).
Quindi, come indicato facciamo un breve tratto lungo la strada provinciale, per poi girare a sinistra sempre sul lungo 63.
Sono le 9 e 37 quando raggiungiamo lo sconnesso sterrato del Buraccio(17), continuiamo a salire dolcemente fino ad arrivare al bivio con il 77(18), quindi alle 10 ci fermiamo al riparo per una colazione.

Riprendiamo il cammino dopo 20 minuti continuando a salire, rientriamo così nelle nuvole, schiacciate contro il crinale dal fastidioso vento di Sud Est che ci costringe ad indossare la giacca.
Superata Cima del Monte(19) , incrociamo un nutrito gruppo di turisti tedeschi incuranti dell’ aria e del terreno certamente non adatto alle loro calzature.
Nel tratto in discesa che ci avvicina alla strada asfaltata20 del Volterraio, il sole comincia a farsi vedere, e da questo momento ci seguirà per il resto della giornata.

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km.- Orario
15 - Monte Orello - N42 46.815 E10 19.274 - 377 m. - 1,1 - 7,49
16 - Casa Marchetti - N42 46.744 E10 20.829 - 47 m. - 4,4 - 8,51*
17 - Sterrato del Buraccio - N42 46.989 E10 22.047 - 166 m. - 7,0 - 9,37
18 - bivio fra s. 63 e 77 - N42 46.754 E10 22.584 - 242 m. - 8,0 - 9,53
19 - Cima del Monte - N42 47.704 E10 23.428 - 507 m. - 10,7 - 11,03
20 - Asfalto fine 63 inizio 62 - N42 48.504 E10 23.592 - 330 m. - 12,3 - 11,39

* da questo momento l’orario è “ingrassato” di 15’ per recupero borracce.

Riprendiamo per l’ampia salita sulla destra del monte Capannello (sentiero 62), fino a raggiungere una vetta vicina(21), il panorama e veramente superbo, il castello del Volterraio sembra proprio inespugnabile, e sotto di lui la valle del Frasso e quella delle Foreste, mostrano fiere la loro bellezza.
Da qui è un sali scendi fino allo Strega(22), superato il quale, l’impegnativa discesa ci conduce all’Aia di Cacio, sono le 12 e 37.

Abbandoniamo il crinale continuando a scendere fino alle 13, dove in un gradevole tratto in ombra decidiamo di fermarci per pranzare e recuperare le forze per quella che dovrebbe essere l’ultima salita impegnativa.
Mezz’ora di relax e via verso l’ultima sfida, almeno così dice Max (che sono io); calpestiamo per pochi metri la strada della Parata(23), per cominciare a risalire le pietre del monte Grosso(24) sul sentiero 61.

Il sole ed il brutto terreno sassoso sembrano volerci sfidare, accetto, ed inarrestabile arrivo sulla vetta del monte in 30 minuti, è il mio momento di gloria!
Sono così entusiasta che non tolgo nemmeno lo zaino dalle spalle ed aspetto Gaia e Mauro che dopo poco si affacciano fra la bassa vegetazione.
Una bevuta e cominciamo la discesa calcolando già il probabile orario di arrivo a Cavo, superiamo l’insegna dell’agriturismo dell’Amandolo(25) lasciando il 61 per il 60; il paese e proprio sotto di noi, tuttavia il GTE, come ultimo scherzo, ci allunga il tragitto di qualche chilometro.

I piedi cominciano a bruciare, e ad ogni passo i sassi pungono sempre di più, ma ormai niente può più fermarci, nemmeno i continui tornanti che ci tengono sempre vicini al mausoleo Tonietti, “...ma quando finiscono...” mi domanda Mauro più volte, “...presto, presto, ...vedrai, alla prossima curva...” rispondo sicuro, ma sò una sega.
Il rumore delle onde che si infrangono sulla costa diventa sempre più forte, ci affacciamo sulla spiaggia di Capo Castello alle 16,31; è finita!!!

Un raduno di vespe e lambrette sul lungomare, crea una piacevole atmosfera di festa, e per noi lo è veramente; aspettiamo seduti l’arrivo del signor Nino (il padre di Gaia) che gentilmente si è offerto di venirci a prendere in auto; meglio di così non poteva finire.

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km. - Orario
21 - Vetta al Capannello - N42 48.785 E10 23.446 - 408 m. - 13,0 - 11,56
22 - Monte Strega - N42 49.384 E10 23.891 - 425 m. - 14,4 - 12,25
23 - Asfalto Parata - N42 50.630 E10 24.019 - 138 m. - 17,7 - 13,52
24 - Monte Grosso - N42 51.153 E10 23.981 - 340 m. - 18,9 - 14,24
25 - Amandolo - N42 51.486 E10 24.637 - 91 m. - 21,2 - 15,09
26 - Spiaggia di Frugoso - N42 51.981 E10 25.168 - 12 m. - 26,8 - 16,31

Ormai stanco per le ore passate davanti al computer per dare (spero) degna memoria a questa nostra avventura, non posso non pensare all’amico Alberto, impegni di lavoro non gli hanno consentito di essere uno di noi, e so che ci teneva tanto.
La bellezza dei luoghi attraversati, i profumi, le immagini, la sofferenza e la gioia di questi indimenticabili due giorni rimarranno sempre con noi, ...sarebbe stato bello dividerli anche con gli altri amici.


Portoferraio 01.05.2006
Gaia, Mauro e Max
(...“chi un ci conosce, sa’ na sega chi siamo!”...)

martedì 8 gennaio 2008

Sentieri che passione....

Quando decido di fare una bella camminata è sempre una magnifica giornata, e non solo per le condizioni meteorologiche.
L’idea di potermi tuffare in un nuovo mondo di profumi e silenziosi paesaggi è una sempre una grande gratificazione.

Sono passate da un pò le otto del mattino, e l’umida aria di fine novembre è molto meno fredda di quel che pensavo.
Parcheggio il Discovery accanto alla recinzione del campo di calcio di San Piero, probabilmente nel primo pomeriggio sarà animato da grida e colori ma ora tutto tace, investito dai primi raggi del sole solo un cane, prematuro spettatore, sembra attendere impaziente il fischio d’inizio.

Decido di alleggerire subito il vestiario e mi tolgo la vecchia e scolorita giacca in Gore Tex a cui sono troppo affezionato legandola all’esterno dello zaino, qualora si alzasse vento potrò indossarla rapidamente.
Con la stessa fierezza con cui un reduce di guerra fa mostra delle sue cicatrici faccio sfoggio orgoglioso di alcuni fori della sua manica destra, regalo di un fitto intreccio di pruni che attraversai durante un’appassionante gara di orientamento qualche anno fa.
I bastoncini da trekking e le due borracce fissate agli spallacci dello zaino che mi guarniscono il torace, completano l’attrezzatura conferendomi un aspetto molto più professionale di quanto in realtà io sia.

Oramai il mio Garmin Summit ha agganciato un sufficiente numero di satelliti, il che mi garantisce una discreta precisione nel tracciare il percorso, lo resetto, cancellando le precedenti tracce e lo fisso grazie alla sua custodia di protezione in alto sulla fibbia dello zaino, do un ultimo sguardo alla mappa per memorizzare la direzione e mi metto in cammino.

Il sentiero 35 inizialmente segue un’interpoderale fino ad un masso di granito, dove svolta a sinistra e restringendosi continua con un’ascesa graduale.
Mentre la suola dentata degli scarponi morde la terra umida e sabbiosa del terreno, supero con scarso interesse quello che sembra un fatiscente recinto di polli, e mi ritrovo lungo una salita lastricata che proviene dalla cava sottostante, senza dubbio un tempo trafficata via di transito per coloro che facevano della lavorazione del granito la fonte del loro sostentamento.

Non presto la dovuta attenzione ad un’anonima deviazione sulla sinistra e proseguo dritto lungo quello che ritengo il sentiero principale, sarà un grave errore.
Benché a prima vista mancante di quella caratteristica segnalazione bianco rossa, che peraltro trovo lungo quello errato, avrei dovuto investigare di più su quella biforcazione… ma con il senno di poi è sempre tutto semplice.

Ben presto mi rendo conto che sto andando fuori rotta, la mia attenzione non è più dedicata all’avvenente paesaggio circostante e con passo sempre più svelto cerco freneticamente indizi di conferma su dove mi sto muovendo.
Il mio pensiero corre sempre più a colui che si è preso l’onere di marcare così malamente il sentiero, così dopo qualche minuto, saluto con un colorito rosario l’incontro con un’indicazione del sentiero n° 7, esattamente l’opposto di dove sarei dovuto andare!

Bagnato da un sudore di rabbia più che di fatica, decido di continuare sul 7, lo conosco e so dove mi porta: alle Piane al Canale da dove con il 34 incrocerò l’agognato 35!
Affronto la salita con notevole impegno, smaltire la rabbia e recuperare il tempo sprecato sono i miei momentanei principali obiettivi.


Il terreno solcato dagli acquazzoni, mi riporta alla memoria le prove di abilità di amici, quando molti anni fa, alla guida dei loro fuoristrada si allenavano a superare impegnativi twist; una particolare situazione in cui il veicolo, nell’attraversare diagonalmente per esempio un fossato, poggia solo con una ruota anteriore e l’opposta posteriore, ciò ne pregiudica ovviamente la trazione, a meno che l’auto sia dotata di blocco dei differenziali… o di un esperto pilota.

Alle Piane al Canale senza fermarmi, approfitto del breve tratto pianeggiante dove il 7 ed il 34 procedono affiancati per riprendere fiato e bere un sorso d’acqua fresca.
L’area circostante mostra ancora i segni del nefasto incendio del 2003.
La bassa vegetazione ha ricoperto buona parte del terreno ma non è ancora riuscita a cancellare i tronchi scheletrici dei pini che un tempo rigogliosi formavano un bellissimo bosco.
Nelle radure decorate da felci nascondevamo sapientemente bersagli di varie dimensioni, erano i primi anni novanta e questa era la nostra meta prediletta per organizzare le gare di tiro con l’arco.
Non potevamo chiedere di meglio, sottobosco pulito, perfetti giochi di luce, morfologia del terreno che alternava zone pianeggianti a dislivelli di varie forme e grandezze, e la vista poi, riusciva ad incantare gli arcieri di tutta Italia… ne siamo sempre stati orgogliosi.
A quel tempo lo praticavo a livello agonistico, con un ridotto ma affiatato gruppo di arcieri: la 09 ALCE.

Ancora assorto in qui piacevoli ricordi supero il bivio con il 30 che porta alle Macinelle e raggiungo Pietra Murata.
Il Masso alla Quata e la più alta vetta delle Calanche alle mie spalle si stagliano immobili nell’azzurro versante nord, di fronte a me invece solo pochi massi mi nascondono la vista della piatta e piccola Pianosa.

La salita finalmente è terminata, almeno per un po’ ed in pochi minuti con una sconnessa discesa raggiungo l’intersezione con il 35.
E’ passata un’ora e mezza dalla mia partenza e di fronte al piccolo scoglio che ne marca il punto, resto titubante sul da farsi.
Il saggio grillo parlante che porto quasi sempre con me, mi suggerisce di proseguire a destra verso ovest, ma stranamente non oppone troppa resistenza ad accettare la mia proposta tanto assurda quando testarda di voler capire dove ho perso il 35; così accetta di seguirmi, limitandosi “solo” ad impormi un’andatura veloce, e chi mi conosce sa cosa intendo.

Mi tuffo in quella che interpreto come una speciale, come se i già fatti 5,6 chilometri di salita fossero solo un lontano ricordo, il passo svelto concessomi dallo sviluppo pressoché pianeggiante del percorso mi mette subito di buon umore ed agitando rapidamente i miei bastoncini Gabel evito i bassi mucchi di cisto come uno sciatore i paletti del suo migliore slalom speciale.

Supero il mulino del Moncione senza fermarmi, concedendomi solo il salto indietro nel tempo che attraversare quel luogo evoca immancabilmente in ogni viandante.
Una stretta lastra di granito aiuta a superare il piccolo rivolo d’acqua, luogo di ristoro per animali e piante.

Sento di essere vicino alla meta, il sentiero si allarga e per un po’ ritorna ad essere la vecchia strada scassata di una volta, solo un ultimo ampio tratto ricurvo mantiene ancora desta la mia curiosità.
Un grosso masso con un piccolo cippo in granito accanto sembrano confermare che ci sono, ed infatti pochi metri e incrocio quel tratto lastricato che avevo percorso inizialmente in salita!


A prima vista l’assenza di segnali o indicazioni pare confermata, ma guardando bene mi rendo conto che in effetti la deviazione era segnalata, una freccia rossa di circa sei centimetri è stata segnata a terra su una pietra proprio ad indicare l’imminente svolta a sinistra.
Resto stupefatto ed affascinato dalla grandezza di quel tratto, dedicare anche pochi secondi per redigere quella piccolo sbaffetto deve veramente aver appagato il diligente marcatore di sentieri.
Marco il waypoint nel Summit e torno indietro velocemente cercando di dare un volto a questo diabolico personaggio.


L’ottimismo mi accompagna anche lungo il ritorno, solo il mio interesse stavolta è dedicato maggiormente al paesaggio piuttosto che alla ricerca dei segni bianco rossi.
Brezza leggera e correnti si divertono a disegnare sulla superficie del mare un affresco in continuo movimento, mentre alcune nuvole si lasciano cullare dalle ultime forze di un grecale che da questa notte non ha più voglia di soffiare.

Ritorno al piccolo scoglio bivio con il 34 dopo poco più di un’ora, sono le 11 e 08 ed intanto i chilometri fatti sono già quasi 11.
Questa assurda deviazione mi è costata tempo e fatica, non che la cosa mi disturbi più di tanto, ma dato che ho promesso di rientrare a casa nel primo pomeriggio, temo solo di non riuscire a mantenere la parola data.

Il nuovo tratto continua a scendere, passo un prunaio fortunatamente senza danni, e chinandomi un po’ per evitare le basse fronde di un albero, attraverso il piccolo corso d’acqua del fosso dei Malocci.
Benché dotato di un buon paio di scarponi de La Sportiva con suola in Vibram, sento subito che il tratto di roccia umida su cui mi sto muovendo non è affatto sicuro, cercando di usare la massima attenzione, scarico parte del peso sui bastoncini da trekking, ma anche questa soluzione non sembra migliorare molto le cose, i puntali ormai consumati da chilometri di strada hanno perso tutto il grip di quando erano nuovi.
Con un ultimo balzo, roba da far morire da ridere anche il più malandato muflone, esco da quella zona scivolosa, ed in costante discesa supero anche il successivo fosso dell’Inferno.

Benché passati molti anni, ricordo benissimo e con nostalgia quando ancora nel buio della notte, fucile in spalla attraversavo questi luoghi insieme a Valerio e Marino.
Quelle cacciate in compagnia si risolvevano quasi sempre in tante risate e poca selvaggina, e forse proprio per quello le rimpiango ancora.
Abituato alla silenziosa difficoltà della caccia con l’arco, apprezzavo volentieri quelle camminate spensierate dove la principale vittima erano i nostri cappelli.
Lasciarlo incustodito anche per un solo istante equivaleva a vederlo volare in aria trafitto nel peggiore dei casi da una scarica di pallini.
Altri tempi, altre età… beh forse solo altri tempi!

Nel vederla sulla mia destra, ripenso ora soddisfatto alla piccola piramide di pietra che poco tempo fa ho realizzato per marcare il brusco cambio di direzione del 35, altra giornata di arrabbiature per la negligenza con cui vengono segnalati alcuni sentieri, o per lo meno alcuni tratti.
Continuare per l’ampio cammino sarebbe stato un altro imperdonabile errore che mi avrebbe portato dentro un podere privato di un certo Claudio, come recita il cartello al lato del cancello.

La dura salita zigzagante fortunatamente è di breve durata, per lo meno nella fatica, e nel riprendere fiato con un involontario secco colpo di tosse, metto in fuga una coppia di mufloni che tranquillamente camminavano avanti a me, sorrido nel vederli sparire ed approfitto delle piacevole distrazione per mangiarmi alcune corbezzole mature che mi vengono gentilmente offerte dalle piante alla mia destra.

Alle 11 e 47 incrocio il numero 8 che taglia quasi perpendicolarmente il 35, come frettoloso di salire sotto la Grottaccia e raggiungere poi Malpasso; 5,5 chilometri di calvario che dai circa 13 metri sul livello del mare di Seccheto in pressoché costante ascesa portano fino agli 843 metri di Malpasso; prima o poi dovrò provare a farlo anche in salita!

Addentrandomi in una più fitta vegetazione, raggiungo un nuovo bivio, questa volta privo di segnalazione, a destra poco più in alto scorgo una piccola costruzione in muratura, forse una stazione di pompaggio dell’acqua, opto così per la sinistra pregando che sia la scelta giusta, per oggi ne ho abbastanza di giri a vuoto e so bene che chiedere aiuto alla cartina è perfettamente inutile.
Fortunatamente stavolta la scelta è indovinata, e sempre salendo raggiungo la deviazione che sotto monte Cenno porta verso il GTE.
Un vero peccato che alcune nuvole basse precludano la vista, lo spettacolo sarebbe stato eccezionale.

Da questo punto in poi il sentiero segue piuttosto agevolmente il crinale della collina che separa Seccheto da Fetovaia fino ad un grosso masso su cui con vernice fresca è ben riportato anche il numero 35.
Procedere oltre, come evidenziato nella cartina da una lunga serie di puntini, è più difficile, perché del sentiero nessuna traccia.
Così dopo aver appoggiato il gps su un sasso per evitargli di registrare tracce fasulle, perdo una decina di minuti nel vano tentativo di trovare qualche indizio su dove passare.

Non mi resta che tirare dritto per quella che ritengo la direzione giusta, aiutato dalla bassa e non troppo fitta vegetazione che in una zona rocciosa e così esposta al vento fortunatamente non ha avuto modo di svilupparsi troppo.
Dopo pochi minuti di fuori pista noto a ore 2 una piramide di pietre, mi sposto subito in quella direzione, scoprendo con mio piacere uno stretto varco fra i mucchi di cisto marino.
Per circa 400 metri contino a scendere verso sud est, costantemente aiutato dalle piramidi di sassi poste qua e là, fino a raggiungere un’indicazione che indirizzandomi a destra mi porta su quella che ritengo una vecchia abbandonata strada sterrata, almeno la sua larghezza sembra farlo pensare, e che con un costante e graduale semicerchio mi riporta in direzione di Seccheto, il n° 37.

Mi rilasso nel costeggiare le abitazioni di via della Greppa, ed il mio stomaco ne approfitta subito per ricordarmi che gradirebbe un po’ di cibo, solo le 12,15 ed è ora di pranzo.
Attraverso così il piccolo paese ed approfitto di un soleggiato tavolo del bel vedere lungo strada per sedermi e gustarmi del grana e svariati clementini.

15 minuti di sosta sono più che sufficienti, ed il saggio grillo mi ricorda che la passeggiata non è ancora terminata, devo ancora tornare alla mia Land Rover a San Piero!
Incoraggiato da un tiepido sole percorro il breve tratto asfaltato incrociando un paio di automobilisti decisamente incuriositi dal mio abbigliamento, mentre nel parcheggio antistante la spiaggia di Cavoli una coppia già di una certa età invita il proprio cane a rimontare in auto, evidentemente anche per loro è ora di pranzare.

Attraverso l’asfalto e mi incammino per via del Morione, arrivando fino al campo di calcio di Seccheto, completamente in abbandono.
Di fronte al cancello divelto ed alle sterpaglie giro a destra in direzione nord est, costeggiando successivamente la proprietà di alcune ville che dominano la spiaggia sottostante.
Quindi sulla sinistra un cartello in legno indica con il simbolo di una bicicletta una pista ciclabile che porta a San Piero, la imbocco.

Quanto possa essere ciclabile questo percorso non lo so, per le mie modeste capacità di biker comunque sconsiglio vivamente di farlo in mtb, per lo meno in salita come sto facendo io.
I quasi 19 chilometri fatti adesso si fanno sentire tutti, non solo nelle gambe, anche il fiato comincia a mancarmi.
Farei volentieri a meno di zaino e bastoncini, pur di eliminare il peso che mi porto dietro, ma non posso.
Stringo i denti spinto solo dalla volontà di arrivare, per lo meno alla fine di questa estenuante salita, poi sarà solo uno stradone pianeggiante a condurmi alla meta.

Alle 13 e 18 arrivo finalmente sui campi puliti di Castancoli, ormai solo 1,6 chilometri di strada sterrata mi separano dall’arrivo.
Li percorro in meno di 20 minuti, ed alle 13,37 spengo il gps e salgo in auto.
Piuttosto stanco avvio il motore, prima di ingranare la marcia finisco la poca acqua rimasta della seconda borraccia, è finita e con soddisfazione mi avvio verso casa.

25.11.2007 Max