Dal 30 aprile del 2005, quando in compagnia di Gaia e Mauro, percorsi il GTE in due giorni, mi è sempre balenata l’idea di provare a farlo in un solo giorno…
25 aprile 2009
Come programmato da tempo, parto da Portoferraio con il bus delle 5,10; arrivo a Pomonte che sono 6,05 ed in pochi minuti raggiungo il punto di partenza del GTE.
Le previsioni meteo, da me costantemente consultate negli ultimi giorni, prevedono sole ed un moderato scirocco per l’intera giornata… non è il massimo ma ne approfitto volentieri, anche perché pare sia in arrivo un ennesima perturbazione!.
Inizio il cammino alle 6,14 con passo spedito, soprattutto perché ho bisogno di riscaldarmi, e quasi senza accorgermene raggiungo il primo bivio in cui i sentieri 9 e 31 si separano, ne approfitto per togliermi il windstopper, consapevole dell’imminente salita.
Seguo quindi il 31 che dopo le vette dei monti Orlano e Cenno mi porta al colle della Grottaccia, per esaurirsi poco dopo, nell’incrociare i sentieri 8, 9 e 30.
Una rapida occhiata all’orologio mi conferma la buona andatura, affronto così soddisfatto il numero 8, attardandomi, invano, nel tentativo di contattare telefonicamente Grazia per avvisarla del mio anticipo sulla tabella di marcia. (vedi sotto)
25 aprile 2009
Come programmato da tempo, parto da Portoferraio con il bus delle 5,10; arrivo a Pomonte che sono 6,05 ed in pochi minuti raggiungo il punto di partenza del GTE.
Le previsioni meteo, da me costantemente consultate negli ultimi giorni, prevedono sole ed un moderato scirocco per l’intera giornata… non è il massimo ma ne approfitto volentieri, anche perché pare sia in arrivo un ennesima perturbazione!.
Inizio il cammino alle 6,14 con passo spedito, soprattutto perché ho bisogno di riscaldarmi, e quasi senza accorgermene raggiungo il primo bivio in cui i sentieri 9 e 31 si separano, ne approfitto per togliermi il windstopper, consapevole dell’imminente salita.
Seguo quindi il 31 che dopo le vette dei monti Orlano e Cenno mi porta al colle della Grottaccia, per esaurirsi poco dopo, nell’incrociare i sentieri 8, 9 e 30.
Una rapida occhiata all’orologio mi conferma la buona andatura, affronto così soddisfatto il numero 8, attardandomi, invano, nel tentativo di contattare telefonicamente Grazia per avvisarla del mio anticipo sulla tabella di marcia. (vedi sotto)
Solo superando Malpasso finalmente il segnale del mio cellulare mi consente di chiamarla, mando all’aria così il suo tranquillo programma comunicandole che dovrà sbrigarsi per raggiungere il primo checkpoint !
Ebbene si, ho istruito meticolosamente moglie e figlia sulle modalità ed i tempi di assistenza a questa mio prova; sia per poterla documentare in maniera appropriata, sia per poter viaggiare decisamente più leggero potendo reintegrare i liquidi lungo i checkpoint programmati (quelli in neretto).
Raggiungo quindi il primo chekpoint del Perone in perfetta sincronia con le mie sostenitrici, gli incantevoli colori della natura circostante sono quanto di meglio si possa sperare per le foto e la marcia.
Non lascio passare nemmeno 10 minuti che sono nuovamente in cammino sul dissestato sentiero 18; mi condurrà fino al punto 2, stavolta privo dell’aiuto delle mie care.
Attraverso l’asfalto della provinciale con 40 minuti di anticipo, deciso ad effettuare un sosta vicino al campo sportivo di Procchio.
Sfrutto così l’ombra di un pino per riposare 5 minuti e sostituire la bandana al cappellino, che ovviamente dimentico per terra e che potrò recuperare solo grazie alla disponibile moglie, anche se ciò comporterà l’annullamento dell’assistenza anche al punto 3 di Colle Reciso.
La fastidiosa temperatura è sopportabile solo grazie all’incostante vento di scirocco, e con il sentiero 44, pessimo per assenza di segnavia e fondo sconnesso, raggiungo lo stradone del Literno, per girare poi sul 65 una volta a Buca di Bomba.
La posizione aperta su Portoferraio mi consente di comunicare agevolmente con la famiglia tramite la ricetrasmittente, ne approfitto quindi per trasmettere le coordinate di dove recuperare il cappellino e concordare l’annullamento del ritrovo al punto 3.
Transito davanti alla cava della Sales (punto 3) mantenendo i 40 minuti di anticipo, ed approfittando della sorgente di Fonte Schiumoli, unico punto di approvvigionamento idrico di tutto il percorso, mi prendo un paio di minuti per rinfrescarmi testa e viso, in vista dell’ascesa per la vetta di monte Orello.
Durante la salita avverto il primo chiaro segnale di stanchezza, e l’affanno non svanisce nell’affrontare la successiva ripida discesa che effettuo in maniera scoordinata ed insicura.
Fortunatamente recupero tempestivamente forze e lucidità, facoltà indispensabili per affrontare lo scosceso tratto che prelude al fosso dei Catenacci.
Ebbene si, ho istruito meticolosamente moglie e figlia sulle modalità ed i tempi di assistenza a questa mio prova; sia per poterla documentare in maniera appropriata, sia per poter viaggiare decisamente più leggero potendo reintegrare i liquidi lungo i checkpoint programmati (quelli in neretto).
Raggiungo quindi il primo chekpoint del Perone in perfetta sincronia con le mie sostenitrici, gli incantevoli colori della natura circostante sono quanto di meglio si possa sperare per le foto e la marcia.
Non lascio passare nemmeno 10 minuti che sono nuovamente in cammino sul dissestato sentiero 18; mi condurrà fino al punto 2, stavolta privo dell’aiuto delle mie care.
Attraverso l’asfalto della provinciale con 40 minuti di anticipo, deciso ad effettuare un sosta vicino al campo sportivo di Procchio.
Sfrutto così l’ombra di un pino per riposare 5 minuti e sostituire la bandana al cappellino, che ovviamente dimentico per terra e che potrò recuperare solo grazie alla disponibile moglie, anche se ciò comporterà l’annullamento dell’assistenza anche al punto 3 di Colle Reciso.
La fastidiosa temperatura è sopportabile solo grazie all’incostante vento di scirocco, e con il sentiero 44, pessimo per assenza di segnavia e fondo sconnesso, raggiungo lo stradone del Literno, per girare poi sul 65 una volta a Buca di Bomba.
La posizione aperta su Portoferraio mi consente di comunicare agevolmente con la famiglia tramite la ricetrasmittente, ne approfitto quindi per trasmettere le coordinate di dove recuperare il cappellino e concordare l’annullamento del ritrovo al punto 3.
Transito davanti alla cava della Sales (punto 3) mantenendo i 40 minuti di anticipo, ed approfittando della sorgente di Fonte Schiumoli, unico punto di approvvigionamento idrico di tutto il percorso, mi prendo un paio di minuti per rinfrescarmi testa e viso, in vista dell’ascesa per la vetta di monte Orello.
Durante la salita avverto il primo chiaro segnale di stanchezza, e l’affanno non svanisce nell’affrontare la successiva ripida discesa che effettuo in maniera scoordinata ed insicura.
Fortunatamente recupero tempestivamente forze e lucidità, facoltà indispensabili per affrontare lo scosceso tratto che prelude al fosso dei Catenacci.
Il sentiero che lo costeggia è in gran parte chiuso dalla vegetazione, e la scarsissima presenza di segnavia confermano il cattivo stato di manutenzione di questa lunga parte centrale del GTE che comprende i sentieri 44, 48, 65, 64 e 63, e che rappresentano ben il 44% di tutto il percorso.
Arrivo finalmente in prossimità del punto 4 di casa Marchetti che sono appena passate le 14,00.
Decido di regalarmi una sosta doppia e mentre mi sottopongo volentieri alle ripetute domande delle mie abili assistenti, mangio con piacere del buon grana.
Dopo quasi 20 minuti ed aver riempito la mia sacca idrica, addentando una succosa mela, mi rimetto in marcia.
Nella zona di casa Galletti, un’enorme pozzanghera tenta più volte di inghiottire i miei scarponi, e purtroppo nei confronti del destro ci riuscirà, sono le 14,30, fa caldo, ed il momentaneo refrigerio dell’acqua ne è poi così spiacevole… anche se ne avrei fatto volentieri a meno!
Supero il piacevole prato verde alle pendici di monte Castello, rallentando sensibilmente per la repentina salita.
Probabilmente complici le poche ore di sonno, mi sdraierei per chiudere volentieri gli occhi, cosa che più volte faccio per brevissimi istanti senza cessare di camminare; raggiungere la vetta di Cima del Monte mi costerà molta fatica.
Supero la cima con sollievo, e comunico via radio il mio imminente arrivo al punto 5, dove il sentiero attraversa la strada asfaltata, e dove Alessia e Grazia sono in mia attesa da diverso tempo.
Le raggiungo comunque con circa mezz’ora di anticipo sul tempo previsto, e senza mangiare e rifornire la sacca liquidi, approfittando solo del dolce te che mi hanno preparato, le informo sul difficile tratto appena fatto.
“Pensi di farcela?” mi domanda la moglie;
“Devo!” le rispondo, “Altrimenti tutta la fatica fatta sarà vana.”
Recuperate parzialmente le energie, riprendo la marcia, consapevole di poter arrivare agevolmente al punto 6, da dove l’ascesa per il monte Grosso, costituirà l’ultima fatica.
Percorro il primo tratto sferzato da un fastidioso scirocco, che diminuirà solo in prossimità del monte Strega, procedo quindi con estrema cautela per la brutta discesa che mi conduce sull’asfalto dell’Aia di Cacio, da dove con andatura veloce, arrivare alla Parata sarà decisamente più facile.
Attraverso un 62 pulito e segnalato in maniera perfetta, giungo con circa 30 minuti di anticipo al punto 6 dove GTE e Parata si congiungono, e seduto sul basso muretto, finisco volentieri il grana rimasto sorseggiando l’acqua fresca che mi offre mia figlia.
Emotivamente preparato all’ultimo sforzo, mi sento in buona forma, e la piacevole brezza è un ulteriore incentivo a proseguire.
La salita per il monte Grosso si rivela meno faticosa del previsto, e costeggiando la recinzione eretta intorno al Semaforo, ammiro felice lo splendido panorama del Cavo davanti a me.
Ormai ci sono, “volo” quindi per il sottostante stradone sterrato, che in brevissimo tempo abbandono per i tornanti che mi avvicinano verso l’agriturismo dell’Amandolo.
Salutando con il pensiero l’amico Alessandro, affronto, dosando con attenzione le forze, i tornanti d’asfalto ed entro nella proprietà privata aggirando il grosso cancello in metallo.
Camminando nel piacevole sottobosco non ho certo la visuale di poco fa, così è con una certa sorpresa che nei pressi del mausoleo Tonietti, mi trovo davanti l’indicazione in legno per Cavo!
Invano cerco di contattare via radio le mie assistenti, ma probabili ostacoli per la ricezione o forse il più interessante dvd che stanno guardando in auto sul lungomare, vanificano i miei tentativi; uso quindi il cellulare per avvisarla che nel giro di 15 minuti sarò arrivato.
Sono così felice che in un attimo percorro l’ultimo tratto di questa lunga traversata, esultando come un fanciullo alla vista della moglie che telecamera in mano, sta immortalando questi fantastici momenti.
Sono le 19,29 e dopo 13 ore e 15 minuti di cammino sono riuscito a percorrere accuratamente l’intero GTE!
GPS alla mano scorro entusiasta i dati, rischiando di cancellare tutto nel disabilitare la funzione di scrittura della traccia.
Con 1 ora di anticipo sul previsto, ed ancora in buona forma fisica, vengo festeggiato da Grazia ed Alessia, il loro aiuto è stato sicuramente determinante; e con la speranza un giorno di poter fare io assistenza a mia figlia, mi gusto compiaciuto il risultato ottenuto.
P.S.
Indubbiamente il pubblicizzato Festival del Camminare ha contribuito a migliorare lo stato di vari sentieri, innegabile che molti tratti, soprattutto i più accessibili, sono stati segnalati, nuovi ed evidenti segnavia sono stati dipinti, ed è stata perfino tagliata dell’invadente vegetazione.
Spero proprio che questa energica azione di manutenzione non si esaurisca con il termine del Festival, ma sia invece l’inizio di una seria e soprattutto costante opera di manutenzione per la sentieristica elbana.
Max