martedì 13 ottobre 2009

Corsica 2009


Per l’anno 2009, ho programmato di fare vari percorsi, concludere il GR20 con l’ultima tappa Paliri – Conca, assaggiare un po’ di Mare a Mare sud (tre tappe), ed infine tuffarmi fra le Calanche di Piana.

Un bel programmino di 6 giorni e 5 notti che ho rischiato di rimandare al 2010 a causa di uno spiacevole infortunio che i primi di settembre mi sono procurato al mio alluce sinistro.
Ma vuoi le sorprendenti doti di recupero, e soprattutto la voglia di andare, ed eccomi in quel di Bavella a stendere queste prime righe del diario.

Ma cominciamo con ordine, la storia ha inizio il 03.10.2009, da Portoferraio con il mattiniero traghetto delle 5,10, quindi prosegue in direzione del porto di Livorno per l’imbarco sulla Corsica Ferries delle 8,15; vi arrivo con solo 20 minuti di anticipo a causa del tortuoso percorso che ci costringe a fare l’autorità portuale (presumo).

Il viaggio fino a Bastia comunque si svolge tranquillo, l’arrivo é in orario (12,15), anche se è solo alle 12,35 che riesco ad uscire dal traghetto con il mio Discovery.

Alle 14,10 raggiungo Solenzara e dopo 15 minuti il bivio per Conca, che attraverso una stretta strada serpeggiante raggiungo alle 14,45.

Parcheggio, tiro fuori lo zaino, e circa alle 15 inizio lentamente a camminare facendo l’autostop per Col de Bavella dove ho prenotato un letto a mezza pensione per il 3 ed il 4 ottobre al già a me noto Auberge (vedi diario GR20 2008).

Il terzo veicolo che transita è quello giusto e solo dopo pochi minuti sono già in viaggio per Favona a bordo di un maleodorante e trasandato Berlingo, in compagnia però di un socievole e paffuto locale con cui non faccio fatica a discorrere, prima in francese e poi in italiano, dato che lui parla il corso.

Da Favona raggiungo Solenzare con un secondo passaggio, stavolta il conducente è indubbiamente più raffinato ed anche la sua Honda CRV, polvere a parte, è decisamente meglio del puzzolente furgoncino.
Sta andando a Bastia, ma vive a S. Lucia de Tallano, luogo in cui ho intenzione di terminare il Mare a Mare sud.
Il tragitto dura pochi minuti durante i quali mi confida di andare talvolta a piedi fino al mio Auberge de Bavella per gustare la tipica zuppa corsa di cui è particolarmente ghiotto.

Salutato il cordiale autista, mi incammino per la salita della D 268 considerata la strada più bella dell’isola.

Stavolta dovranno passare almeno 15 minuti prima che mi offrano un passaggio, ma l’auto è una bella e pulitissima Toyota, in cui ho perfino suggestione ad entrare.

Alla guida c’è un distinto signore in compagnia della moglie, entrambi sulla certa età; mi invita a collocare lo zaino nel bagagliaio, e quindi una volta saliti, parte indemoniato per la ripida e tortuosa strada.

Abituato fin da giovane ad una guida allegra, rimango indifferente alle sottosterzate che il bizzarro pilota fa quasi ad ogni curva per mantenere alta la velocità del mezzo.
La sua guida isterica si protrae per diverso tempo, condita da scatti di nervosismo quando per almeno un paio di volte pensa che non sia la strada giusta, e vane si rivelano le mie timide rassicurazioni.

Arrivo comunque a Bavella che non sono ancora le 17, e dopo un rapido saluto sfuggo il prima possibile dalla stralunata coppia.
All’Auberge mi aspetta una bella doccia ed una calda zuppa corsa che trangugerò con gusto.

Sono nella camera n° 2 in compagnia di due francesi, un pompiere di Bruxelles e padre e figlia svizzeri, socializziamo rapidamente anche perché l’anziano uomo mi dice di conoscere l’Elba, snocciolandomi a conferma una serie di località, Capoliveri, Cavo…

Sono il primo a coricarmi, non sono ancora le 21, ed evidentemente mi addormento subito perché non mi accorgo affatto dell’arrivo degli altri.

04.10.2009

La sveglia, forse un po’ prematura è alle 6,14, anche in questo caso sono il primo ad alzarmi, dovrò però aspettare per circa 15 minuti prima che servano la colazione delle 7,00.

La giornata è strepitosa, l’aurora sta colorando tutto d’arancio, il paesaggio è magnifico.
Ore 7,38 sono in cammino per il rifugio Paliri, tratto da me già percorso l’anno scorso in compagnia di Gianluca.
Mantengo la stessa andatura di allora, non ostante il mio zaino sia decisamente più pesante.
Poco prima delle 9,00 sono di fronte al rifugio, che posso con sicurezza affermare nella posizione più bella fra quelli che ho visto lungo il GR20.
Brevissima sosta per avere informazioni su una sorgente che dovrei incontrare ed acceso il telefono, riparto.

Il paesaggio è molto bello, torri di granito si elevano tutte intorno togliendo terreno ai pini circostanti.
Continua ad essere caldo e le mie riserve idriche sono ormai basse, fortunatamente trovo le indicazioni per la sorgente, che mi obbligheranno però ad una deviazione di 700 metri dal GR20 (350 + 350); la raggiungo alle 11,15.

Ne approfitto per una breve sosta e consumo il barattolo del mais che mi sono portato all’ombra in una radura.
Pochi minuti dopo sono nuovamente in marcia, il mio malandato alluce sinistro non mi sta creando problemi… tranne quando colpisco il terreno con la punta dello scarpone; ed è proprio dopo l’ennesimo urto che avverto per alcune decine di metri una strana sensazione che mi fa ipotizzare sia successo qualcosa.

Proseguo facendo finta di niente, anche perché in quella situazione non ho molte alternative.
Il percorso è praticamente in costante discesa, e man mano ci si avvicina a Conca diventa sempre più monotono.
Psicologicamente è solo nell’intravedere i primi tetti del paese che riacquisto un certo entusiasmo.

L’ultimo chilometro interamente d’asfalto mi porta ad incrociare la D 168, sono arrivato a Conca, e mi viene un nodo in gola nel leggere la targa apposta sul muro a destra recitare:

Arrivée du GR20, Vous voici au terme de votre odisée. Vous avez parcouru environ 180 km. Bravo!”

Io ne ho percorsi un po’ meno, partendo da Col de Verchio, e nemmeno tutti in una volta, ma ne sono ugualmente orgoglioso.
Recupero il Discovery e lentamente faccio ritorno a Bavella, concedendomi solo una sosta di 30 minuti sulla spiaggia di Favona, giusto per rinfrescare i piedi nella ancora calda acqua di mare, se avessi avuto con me il costume avrei fatto sicuramente il bagno.

Raggiunto l’auberge de Bavella mi rendo conto che ci sono nuovi arrivati, si è aggiunta una coppia di francesi, presumo dal loro subdolo bisbigliare.
Mi rivolgo loro con un semplice cenno del volto, mi stanno già sulle scatole per come se ne stanno in disparte, ed ancora ignoro due cose: che la stesura di queste righe mi causerà un leggero raffreddore per il resto della mia permanenza in Corsica e che la donna russerà tutta la notte non facendoci chiudere occhio!

05.10.2009

Spossato dalla notte insonne e da un certo fastidio alla gola, che comunque sembra scomparire dopo la colazione, pago alla cortese signora Grimaldi 64 euro per i due giorni a mezza pensione e parto in auto alla volta di Levie; sono leggermente in ritardo sulla tabella di marcia, anche perché mi offro di accompagnare fino a S. Lucia di Tallano il cordiale pompiere belga.
Dopo averlo salutato, marcia indietro fino a Levie, dove prendo visione del gite accanto a cui parcheggio, peccato che sulla porta sia scritto apertura alle 16,30, avrei chiesto conferma della mia prenotazione fatta on line dall’Elba.

Senza perdere altro tempo, zaino in spalla mi avvio sulla strada principale dove ho intravisto i cartelli del Mare a Mare sud, sono le 8,30 la marcia ha inizio, anche oggi il tempo è fantastico e le temperature decisamente sopra la norma.

Il piacevole percorso si snoda in gran parte nel bosco, mi soffermo davanti all’ingresso delle rovine di Cucuruzzu a scattare qualche foto e proseguo lungo il sentiero marcato di arancione (più che arancione mi sembra un terra di siena).
Quindi scendo fino ad attraversare il ruscello di St. Antoine per poi risalire fino a Quenza, non sono ancora le 11,00 ed in meno di due ore e mezzo ho percorso i 9,2 chilometri della prima tappa odierna.
Temporeggio quasi un’ora nella piacevole area fra la chiesa ed il municipio, consumando una scatoletta di tonno e riempiendo le borracce alla fontana del paese mentre offro la sudata schiena al sole per asciugarmi un po’.

Parto così poco prima delle 12 per Serra di Scopamenna, come il tratto precedente anche questo è in gran parte nel bosco, unico lato positivo dato il caldo che fa.
Tranne una breve discesa lasciato l’abitato di Quenza, mi sparo una noiosa e faticosa salita di quasi tre chilometri, non sono ancora le 13, quando un grugnito mi insospettisce, maiali in avvicinamento.

Da li a raggiungere la lestra di questi porci imbastarditi è un attimo, ce ne sono di tutte la età e misure, chi si azzuffa, chi si rotola nella pozza d’acqua, sbucano da tutte le parti; niente da dire se non fosse che devo passare proprio in mezzo a loro, e questi non sembrano i socievoli porcelli che ti vengono in contro lungo la strada per racimolare del cibo.
Mi metto un po’ in disparte nell’attesa di vedere come si evolve la situazione, anche perché non è che mi senta molto a mio agio, quando mi individuano mi soffiano e si allontanano grugnendo.

Vuoi per la voglia di proseguire, vuoi perché il nemico prima o poi va affrontato, dopo circa 15 minuti di sosta forzata, decido di provare a farmi largo e riprendere il cammino.

Fortunatamente indovino il momento propizio, solo poche bestie sono di fronte a me, le altre le sento a pochi metri nella macchia, la situazione mi rincuora e con passo deciso mi faccio avanti mettendo in fuga quei pochi.

Arrivato al culmine della salita, scatto un paio di foto al gite equestre di Jallicu, area piuttosto brulla e mal tenuta.
Dopo un breve tratto d’asfalto rientro nel sottobosco, stavolta in discesa fino al ruscello di Codi dove mi fermo pochi minuti per foto e sentire l’acqua che invita proprio a bagnarsi, peccato sia gelida.
La restante metà circa del percorso non presenta particolari difficoltà, e per lo meno offre dei tratti all’aperto in cui ammiro piacevolmente il paesaggio circostante.

Con gli ultimi abbondanti due chilometri pressoché in discesa arrivo all’abitato di Serra di Scopamena che non sono ancora le 15,00, poco più di tre ore per completare i 10 chilometri abbondanti di questa seconda tappa, compresi i 15 minuti di stop imposto.

Localizzo subito il gite, in posizione panoramica, peccato anche in questo caso l’apertura sia alle 16,30.
Sarà solo alle 16,45 che la gentile signora Annie verrà ad aprire, cominciavo a temere il peggio…
Il gite è molto pulito e ben tenuto, la locatrice lo ha contraddistinto con un tocco di raffinatezza assente negli altri da me visti finora, e se a tutto ciò aggiungete il fatto che sono l’unico ospite, il risultato non può che essere un’ottima cena in un ambiente senza dubbio sopra alla media; meglio di così non potevo concludere la giornata.

06.10.2009

Anche la colazione conferma la superiore qualità dell’ostello, del miele locale e delle tre marmellate a mia disposizione quella di fichi è veramente strepitosa!
Saluto la cortese signora, pagando 38 euro e parto per S. Lucia di Tallano, sono le 8,00.

Tutta discesa per oltre un’ora, fino a raggiungere, dopo aver attraversato l’asfalto, prima il piccolo affluente Furvicilla, e poi il fiume Rizzanese, sulla cui sponda mi concedo una necessaria sosta di 10 minuti.

Da qui risalgo per oltre 2 chilometri, incontrando veramente tanti funghi, a dire il vero li avevo già notati sin dal primo giorno ma in questo tratto la concentrazione è notevole.

Raggiunto il culmine, ancora 3,5 chilometri tra tratti pianeggianti e discese per incontrare prima le abitazioni della piacevole Altagene e successivamente, dopo circa 1,5 chilometri quelle della caratteristica e più grande S. Lucia.
In totale poco più di 11 chilometri, in gran parte nel sottobosco come le precedenti tappe del mare a mare sud.

Alle 11,50 raggiunta la D 268, sotto un sole battente ed un caldo insopportabile lentamente mi avvio così verso Levie.
La speranza è quella di rimediare un passaggio, in modo da raggiungere rapidamente l’auto parcheggiata, disdire la prenotazione per la notte e dopo una sosta ai Bagni di Caldana, anticipare la partenza per Ota, programmata per la mattina successiva.
Purtroppo stavolta non sono fortunato, e solamente dopo un’ora di sfibrante cammino vengo raccolto da due nativi, che in pochi minuti mi accompagnano alla meta.
Benché il gite di Levie sia al momento chiuso, parlando con una signora, che mi dirà essere la madre della responsabile, disdico la prenotazione per la sera e più tranquillo mi reco alla mia Land Rover.

Tolgo gli scarponi incandescenti, e dopo essermi rilassato un attimo ed indossato i più freschi sandali, mangio un po’ di frutta che conservavo nella vettura.
Cerco quindi di caricare il cellulare alla multi presa accendisigari che ho montato davanti al sedile posteriore, ma invano.
Pare che il collegamento sia interrotto, cerco così con i mezzi a disposizione di risolvere il problema.

Ci riesco senza sapere come solo dopo innumerevoli tentativi, ma oramai sono già le due e mezza, tardi per un eventuale bagno termale, parto così per Ota, prevedendo almeno tre ore di marcia.

Il viaggio si rivela piuttosto estenuante, ma transitando da Piana lo scorgere delle Calanche mi appaga della fatica.
Il sole delle sei le sta già mostrando nella loro veste migliore, esaltandone il particolare colore.
Non esiste foto che possa riprodurre tale bellezza, solo chi c’è stato può rendersene conto.

Superato il bivio per Porto, altro stupendo angolo della Corsica, svolto sulla destra seguendo le indicazioni del mio gps e confermate dal cartello stradale.
In circa dieci minuti raggiungo il pittoresco paesino di Ota dove trovo subito il gite e ne chiedo la disponibilità per la notte, dato che avevo prenotato solo per la successiva.

Nessun problema, divido la camera da sei letti solo con un texano di El Paso, medico al pronto soccorso, mi racconterà poi a cena.

Il gite non è male, si dorme da una parte e si mangia ad un ristorante vicino, sempre dei soliti proprietari presumo.
Per cena? Zuppa corsa e polenta con maiale ovviamente, il tutto innaffiato da un rosso di Carbini.

07.10.2009

Per l’ultima giornata ho programmato un breve tour fino a capu Rosso per la mattina e dopo un breve relax alcuni tratti fra le Calanche nel pomeriggio.

In circa mezz’ora di viaggio raggiungo lo spiazzo destinato al parcheggio delle auto.
Sono circa le nove e con passo svelto mi metto in marcia, indosso zainetto leggero e i miei scarponcini migliori, preferendoli ai più comodi ma meno performanti dei giorni precedenti.
Ho bisogno di una ventina di minuti di cammino per abituarmi al fastidio che prova il mio alluce nelle nuove calzature, ma non rimpiangerò la scelta fatta.

Raggiungo così la torre sul promontorio alle 10 e 15, la vista è superba, il mare piatto e cristallino è solcato solo dal passaggio di una barca a vela, un cielo azzurro ed una leggera brezza termica completano il quadro.

Ammiro estasiato il paesaggio, quindi dopo 15 minuti marcia indietro verso l’auto.
Per il ritorno mi concentro tutto sul cammino, effettuo la ripida discesa iniziale con agilità ed una volta finita sgambetto come un istrice sul più lungo tratto in salita.
Morale: in un’ora precisa sono nuovamente al Land Rover. Grande!

Mentre mangio l’ultima frutta rimasta, decido di andare sulla spiaggia di Porto a rilassarmi un po’.
Anche stavolta rimpiango di avere dimenticato il costume a casa, ma chi avrebbe pensato che ad ottobre facesse ancora così caldo!

Dopo circa una mezz’ora cedo alla tentazione, ed indossando solo i miei pantaloncini da trekking mi tuffo in mare, è proprio un piacere.
Mi rendo conto che il pomeriggio sta prendendo una piega di eccessiva agiatezza, ma che volete, è l’ultimo giorno e poi devo fare asciugare gli indumenti bagnati.
Resto così in spiaggia fino alle quindici, per spostarmi poi alle vicine Calanche, dove posteggiata l’auto, inizio il cammino su un sentiero sopra strada.

Il tracciato è breve ma piuttosto impervio, e complice anche la temperatura elevata faccio una mega sudata per raggiungere l’asfalto vicino alle Roches Blues.
Di sfacchinate così non ne ho proprio più voglia, mi limito quindi ad una tranquilla promenade lungo la stretta strada in attesa che il sole scenda un po’ per fare qualche foto.

Rientro al gite di Ota che sono quasi le sette, la stanza è al completo, quattro francesi non troppo giovani si sono uniti a Robert e me, prevedo una triste nottata insonne…
Doccia calda ed insieme all’amico texano a cena, il menù di stasera non prevede maiale ma pollo con patate arrosto, non ci posso credere!

Dopo il piacevole pasto saldo il conto a madame Marie Jeanne, dicendole che domattina partirò presto saltando la colazione, cosa che mi farà ottenere un piccolo sconto per il soggiorno allo Chez Felix: 64,50 euro invece di 69.

08.10.2009

Come previsto la notte sarà tragica, fra chi russa e chi tossisce, credo di non avere dormito più di due ore e nemmeno tutte di fila.

Alle cinque e quaranta la sveglia del mio orologio mi impone di alzarmi, sono stravolto, ma felice di tornare a casa.
Senza radermi e facendo il minimo rumore lascio con piacere quella scomoda stanza, sono le sei esatte e sono in marcia per Ponte Leccia, sosta irrinunciabile per acquistare formaggio e salumi da portare a casa.

Transito alle sette da Col de Verghio, e alle otto e dieci raggiungo il paese prestabilito.
Acquisterò solo formaggio, i salumi li hanno terminati, quindi di nuovo in marcia per Bastia, anzi Furiani dove sono solito effettuare gli ultimi acquisti.

In attesa del traghetto, gironzolo per Bastia, anche oggi fa un gran caldo e prima di imbarcarmi, compro ovviamente la baguette farcita alla vicina buolangerie e recuperata l’auto, salgo a bordo.

Il Mega Express, un bel traghetto della Corsica Ferris, è in perfetto orario.
Metto le ruote sul terreno labronico alle 17,48, e con una corsa forsennata e non ostante a Piombino trovi quel cavolo di passaggio a livello chiuso, prendo al volo la Toremar delle 19,00.

Alle 20,20 abbraccio moglie e figlia, è stata proprio una bella avventura.


P.S.
Due righe di valutazione sul Mare a Mare Sud.
Benché ne abbia effettuato solo tre tappe su sei, devo ammettere che non mi ha entusiasmato, in effetti i lunghi tratti nel sottobosco dopo poco diventano monotoni, e pur riparando dal sole diretto non offrono grossi stimoli se non per qualche torrente che si attraversa.
I tratti più piacevoli sono indubbiamente i pochi allo scoperto, dove si ammira un po’ di paesaggio o dove si attraversa qualche caratteristico paesino.
Per quanto riguarda i tempi di percorrenza indicati, ci ho messo sempre di meno, ma che volete, ero abituato al GR20…

Max