mercoledì 11 dicembre 2019

Trekking del 11 dicembre 2019 - anello di Monserrato


Breve escursione pomeridiana nella zona del Monserrato a Porto Azzurro.
Senza avvisare l'amico Pasquale (spero non me ne voglia) decido all'ultimo momento di percorrere il sentiero del Santuario.

Lasciata l'auto vicino al "nonno Pino" mi dirigo così verso l'edificio sacro, quindi proseguo a salire per rendermi conto dello stato della corda posizionata qualche anno fa per superare un breve tratto piuttosto ripido.

Le informazioni fornitemi da Pasquale si rivelano esatte (non avevo dubbi) la corda non è in cattivo stato, purtroppo è seccato il giallone a cui è fissata e benché abbia un rinvio su un pruzzolo (alaterno) su cui si scarica buona parte della trazione è stato giustamente posizionato un fittone di acciaio nella roccia, dovrà essere il nuovo ancoraggio.
Al riguardo suggerisco di usare un 30 centimetri di catena per evitare che la corda, se legata al fittone, sfreghi nella roccia.

Supero comunque agevolmente il tratto in questione e proseguo nel sottobosco fino a raggiungere senza problemi l'intersezione con il sentiero 205.

Giro ovviamente verso sud (a sinistra) in direzione della croce, fino al punto in cui il 205 piega ad est scendendo repentinamente e dove mi aspettavo di trovare il palo in attesa di segnaletica preannunciatomi sempre da Pasquale; stranamente lo vedo conficcato a circa una trentina di metri dall'intersezione fra il 205 ed il neo 218 in direzione di quest'ultimo...

Salito sullo sperone di roccia noto immediatamente che è stato posizionato un cavo di acciaio di sicurezza sul versante sud, lavoro decisamente ben fatto.

Scendo quindi sempre seguendo il 218 fino a raggiungere il 225 con cui torno all'auto in meno di un ora e mezzo.

Bella passeggiata, fantastici colori.

Max

domenica 1 dicembre 2019

Trekking del 1 dicembre 2019 - m. Giove


Al ritrovo di Portoferraio delle 8,30 non abbiamo dato molta importanza alle condizioni meteo,  la prossima volta mi ricorderò di farlo...

Ognuno ha il suo programma, accettiamo quello proposto da Massimo di andare sulla vetta del Giove (inizialmente doveva essere il Capanne, ma fortunatamente le nubi basse lo hanno escluso).

Parcheggiamo poco sopra la fortezza pisana ed alle 9,20 iniziamo a salire.
Una volta imboccato il sentiero 110, le prime ostruzioni, alcuni pini caduti intralciano il passaggio.

Avvicinandoci alla sommità del Giove, il vento diventa sempre più forte, facciamo veramente fatica a tenerci in equilibrio ed il passaggio fra i massi di granito richiede molta attenzione.

Contrariamente al nome, avvicinandoci a Serra Ventosa fortunatamente troveremo un po' di riparo dal forte scirocco.

Raggiunta la Madonna del Monte, resto estremamente stupito nel vedere il solito esile rigagnolo d'acqua uscire dalla fonte, dopo un novembre a dir poco copioso di pioggia  mi aspettavo un bel getto vigoroso, evidentemente c'è qualcosa che non va.

Percorrendo quindi buona parte della via Crucis, ritorniamo all'auto dopo aver percorso oltre 6 chilometri.

Non contenti dell'escursione, rientrati a Portoferraio, Mario ed io andiamo a visitare una bellissima fornace per la calce in zona Colle Reciso. 



di seguito una precisa esposizione trovata sul web:


... In basso al centro, si trova l'ingresso di alimentazione del fuoco, con un'apertura ad arco, circondata da file di mattoni e pietre.
L'interno, parzialmente interrato, appare a pianta circolare, le pareti sono rivestite di pietre  refrattarie...

Come materia prima per la produzione di calce, venivano utilizzate pietre calcaree ed il legname della macchia per il procedimento di cottura.
La produzione di calce avveniva mediante la cottura delle pietre ad alte temperature, garantendo un calore costante di circa 800-1000 gradi.
A tali temperature il carbonato di calcio, in esse contenuto, reagendo col calore, liberava anidride carbonica e il prodotto che si otteneva era l'ossido di calcio (CaO) o calce viva.
Per ottenere tale risultato occorreva sapientemente caricare la fornace con le rocce da cuocere, una delicata operazione che richiedeva esperienza e maestria.
Si iniziava coll'introdurre all'interno i primo blocchi di pietra, incastrati in maniera concentrica, ma permettendo di ricavare alla base una camera, che costituiva la zona di alimentazione del fuoco, dove venivano introdotte le 'fascine' e il legname occorrente.
Si procedeva quindi continuando ad inserire le pietre dall'apertura della sommità della fornace, con l'accortezza di lasciare all'interno, fino al margine della cupola di pietre, alcuni interstizi per la circolazione dei gas e del calore.
Era indispensabile che forno venisse alimentato continuamente, giorno e notte e a tale scopo si adoperava il legname già reperito dalle macchie vicine.
L'operazione di cottura delle pietre poteva protrarsi anche per una settimana, garantendo il controllo costante della temperatura intorno agli 800-1000°.
Per far ciò occorreva disporre di circa 1 quintale di legname per ogni quintale di calce ottenuta.
Durante le fasi di cottura delle pietre, era indispensabile la costante presenza di diverse persone esperte che si alternassero, stando sempre attenti a saper intuire quando la cottura delle pietre fosse ultimata.
Gli impercettibili segnali da valutare, potevano essere il diverso colore delle fiammelle e del fumo sprigionato o l'odore sulfureo che usciva dalla sommità della fornace.
Si poteva perciò passare alla fase di 'raffreddamento', che avveniva in maniera graduale e naturale, lasciando le pietre all'interno della fornace stessa, tenuta ancora chiusa per diversi giorni. Una volta estratte, le pietre si presentavano molto friabili, più chiare e porose e ridotte di volume fino al 40%.
Potevano essere vendute direttamente così o passare alla fase di immersione in vasche d'acqua, dove per reazione, per il forte sviluppo di calore, si otteneva il 'grassello' o 'calce spenta', una pasta densa e omogenea, per ottenere la malta.
Era richiesto anche il 'latte di calce' una sospensione biancastra, che aggiunta a una percentuale d'acqua del 20-30%, era impiegata per la tinteggiatura dei muri.
Infine si adoperava la calce anche per modificare il PH dei terreni, come anticrittogamico e per la medicazione delle piante.
Il metodo di costruzione delle fornaci da calce, nonché il modo di cottura delle pietre stesse, sono rimasti invariati nel tempo, fin dall’epoca dei Romani.

Da: La 'arrozza del Gambini" che ringrazio.

Max