giovedì 31 gennaio 2008

Diario GR20 - 2007

Grazie all’esperienza acquisita lo scorso anno e l’ulteriore studio in fase di programmazione, intendo ricongiungermi al tratto abbandonato nel 2006 dopo la bergeries di Tolla e proseguire possibilmente fino al rifugio dei Prati.
L’idea di viaggiare da solo non è assolutamente un problema, unico inconveniente presumo sarà il rientro a Vizzavona, dove lascerò l’auto.

1° giorno – domenica 20 maggio
Parto con la prima nave da Portoferraio alle 5,10 ed una volta sbarcato a Piombino arrivo tranquillamente a Livorno da dove alle 9,00 parte il traghetto per Bastia, la durata della navigazione è di 4 ore.
Sbarcato a Bastia mi dirigo a Vizzavona (via Corte) e dopo circa 100 km, posteggio l’auto davanti alla piccola stazione ferroviaria per chiedere la disponibilità di un letto al “Rifuge de la Gare”.


E’ un gite d’etape del GR20 dove per 34 € si può scegliere la ½ pensione.
Le camere con letti a castello sono da 4 o 6 posti ed il bagno e la doccia sono in comune, la gestione familiare è all’insegna della cortesia e disponibilità, si possono prenotare i letti che vengono forniti solo di cuscino e coperta telefonando a M. Pinelli tel. 04 95472220.
Opto per la ½ pensione ed una volta in camera preparo la zaino per domattina, sarà una giornata impegnativa, un anello di circa 17 km con un considerevole dislivello (+ 1500 m. / - 1300 m. circa).

2° giorno – lunedì 21 maggio
da Canaglia via Tolla, Rifugio Onda fino a Vizzavona
8h e 30” di cammino – 17 km circa
Sveglia alle 5,00 circa, ricca colazione e poco prima delle 6,00 sono già in guida per Canaglia, dove parcheggio l’auto ed inizio il cammino, sono le 6,20.
Il sentiero sale dolcemente nel verde costeggiando il torrente Manganello, cammino spedito grazie anche al peso leggero dello zaino (5 kg.) in cui ho inserito lo stretto necessario, e solo 1 litro di acqua in 2 borracce, scelta che si rivelerà sbagliata.
Dopo circa 1 ora raggiungo il GR20 in prossimità del bivio per le bergeries de Tolla, breve sosta per foto e riparto.


Continuo a salire senza sforzo fino al rifugio dell’Onda, 1430 m. di altitudine, sono le le 8,20.
Il rifugio è bello e ben tenuto, un pannello solare offre luce ed acqua calda, esternamente un bagno ed una doccia completano i servizi.
Mi trattengo 50 minuti per usufruire del bagno e mangiare un boccone, quindi approfitto dell’arrivo di un gruppo di francesi per ricomporre lo zaino e partire.
Lasciato il rifugio la salita diventa più impegnativa, supero i 2100 m del passo del Muratello verso le 11,00 piuttosto stanco ed accaldato, complice anche la bellissima giornata di sole, e con la riserva idrica agli sgoccioli.
Devo così approfittare di un piccolo corso d’acqua che incontro scendendo, per riempire le mie due borracce, saggia decisione!
Al riguardo suggerisco di portarsi del disinfettante per l’acqua, in casi del genere ti tranquillizza su quello che bevi.
Il piccolo ruscello diventa sempre più consistente e rumoroso, supero così le cascades des Anglais, tentato di fare un bel bagno rinfrescante, ma l’idea poi di dovermi rimettere scarponi ed abiti sudati non mi piace affatto, così stringo i denti e proseguo il cammino fino a Vizzavona, dove arrivo alle 14,50.
Dopo una bella doccia ed una fresca birra Pietra il gestore del rifugio gentilmente mi accompagna a riprendere l’auto a Canaglia , quindi cena e a letto, stavolta divido la camera con altri due ospiti francesi, e domattina si parte alla volta del rifugio delle Capannelle.

3° giorno – martedì 22 maggio
da Vizzavona a Capannelle
4h e 45” di cammino – 15 km

Parto alle 6,00 esatte da Vizzavona con lo zaino al completo, il che significa 14 kg. circa sulle spalle e con i primi 6 chilometri di lenta salita nella bellissima foresta di larici, ci metto più di un’ora ad abituarmi al maggior peso.
Poco prima di arrivare ai 1640 m. di Bocca Palmente, supero la sorgente e ne approfitto per un sorso di freschezza, di li a poco scollo la vetta, sono le 8,00 e lo scenario che si presenta alla mia vista è stupendo, infatti oltre monti e vallate si scorge il mare della costa orientale.
Durante la discesa attraverso la pittoresca bergeries d’ Alzeta e ne approfitto per una foto, quindi il sentiero continua più o meno sullo stesso livello fino alla fine.
Attraverso l’asfalto della D 169 e poco dopo sono al rifugio delle Capannelle, anzi ai rifugi, sono le 10,45.
Il posto non è certamente dei più belli, una volta era una stazione sciistica, e sono ancora visibili i piloni di sostegno.
Riguardo ai rifugi uno è ben tenuto con tanto di terrazza e ristorante, è privato e la mezza pensione è obbligatoria, l’altro quello del parco sembra in abbandono, mal messo, privo del bagno e con una doccia a dir poco fatiscente evidentemente l’intenzione è quella di invitare le persone a soggiornare nell’altro.
Ovviamente decido per quello del parco, e dopo una doccia rinfrescante, ne approfitto per fare il bucato, dare una pulita dentro il rifugio e quindi prepararmi un meritato riso al tonno.

Mi sono appena seduto al sole che arrivano i miei primi compagni di tetto, sono le 12,30 circa e nel pomeriggio il rifugio sarà completo.
Unico italiano faccio presto amicizia con la coppia di francesi conosciuti a Vizzavona, il più riservato Pierre ed il garbato Christophe, che presto coinvolgerà anche due simpatiche ragazze tedesche a bere una birra, ebbene si, benché uomini duri abbiamo temporaneamente ceduto alle tentazioni del “lussuoso” rifugio sottostante.
Sono le 19 ed è ora di cena, torno su a preparare la minestra, quella in busta da 5’, e dato l’affollamento e i soli due fuochi a disposizione dovrò attendere il mio turno.

4° giorno – mercoledì 23 maggio
da Capannelle a Col de Verde
4h di cammino – 14 km

In effetti sarebbero 13,2 km in 3h e 40’ se non avessi sbagliato sentiero…

Non sono ancora le 6,00 che sono già pronto per partire, Pierre e Christophe mi suggeriscono così di avviarmi dato che sono a conoscenza del mio programma di tornare a Vizzavona in autostop… magari vogliono fare gruppetto con le due tedesche, penso io…
Così senza fare troppe domande, li saluto e mi avvio.
La luce è veramente bella, il sole è sempre basso ed il panorama eccezionale.
Cedere troppo spesso alla tentazione di fotografare i bellissimi paesaggi che offre il GR20 significa allungare anche di ore il cammino, così mi limito all’essenziale.
Poco dopo transito vicino alle bergeries E Traghjette, quindi dopo più di un ora di marcia, in prossimità di un tornante, sbaglio proseguendo a dritto ingannato da una pila di pietre davanti a me, che mi faranno così perdere tempo e pazienza…
Torno sulla retta via dopo 20’ incontrando gli amici francesi, da questo momento in poi viaggeremo insieme.
La maggior parte di questa tappa è in discesa, con numerosi punti di approvvigionamento d’acqua, ne approfitto talvolta per bagnarmi la testa, e come la tappa di ieri, per chi ama il bosco è l’ideale.

Arriviamo a Col de Verde alle 10,00 esatte, e dopo una birra ed i saluti di rito (loro proseguono per il rifugio dei Prati), mi metto a fare l’autostop, sono le 10,20.
Alle 15,00 mentre comincio a pensare di trafiggermi il ventre per muovere a compassione qualcuno, la vista del sangue ha sempre il suo effetto, una coppia di turisti francesi si offre di portarmi fino a Vivario… non ci posso credere!!!
Peccato che lui sbaglia strada e così invece di 30 minuti (sono 37 km per Vivario) mi infliggono “solo” 1 ora e 50 minuti di finestrino chiuso, perché forse lei aveva paura di prendere fresco, fuori c’erano solo 28 gradi, e ben presto in auto abbiamo superato i 30!
Arrivo così alla stazione ferroviaria di Vivario alle 16,50, narcotizzato dal caldo e dalla stanchezza, e mentre cadono anche alcune gocce di pioggia da un piccolo nuvolone di passaggio, un gatto non so se per giocare o per il mio aspetto cadaverico mi pianta anche un morsetto nella gamba…
Il treno per Vizzavona è alle 17,37, cosa può accadere ancora?
Lo stupore della signora Pinelli nel rivedermi è ancora indelebile nella mia mente, per me è la fine di un’odissea!
Doccia, cena e alle 21 sono già a letto, in camera da solo per giunta.

5° giorno – giovedì 24 maggio
Faccio con molta calma colazione, e con abiti “civili” saluto il gestore, sono le 7,30.
Durante il trasferimento a Bastia, faccio varie soste, a Corte, a Ponte Leccia ed a Furiani (periferia di Bastia) per acquisti vari.
Il forte caldo mi fa rinunciare ad un tuffo nel bellissimo mare di capo Corso, lasciare l’auto chiusa al sole temo comprometterebbe la qualità dei salami e dei formaggi che ho appena acquistato.
Attendo così fino alle 15,00 la partenza del traghetto.

Senza dubbio una bellissima esperienza anche se di soli quattro giorni, viaggiare in solitario ha ovviamente vantaggi e non, personalmente gli unici rammarichi sono stati il tempo perso per il rientro, avrei sostato volentieri al rifugio dei Prati, ma vista la difficoltà per trovare un passaggio ho fatto bene a rinunciarvi, e il dispiacere per quello che si sono persi i miei amici a non venire, trattenuti da cause di forza maggiore.
Per il prossimo anno?
Magari proseguire il cammino fino a col de Bavella, anche se non mi dispiacerebbe provare il Mare a Mare sud.

Max


martedì 29 gennaio 2008

Sentiero 55

Ritengo opportuno segnalare che non ostante sia indicato su alcune mappe, come nella Cartoguida della comunità Montana, del sentiero 55 non ho trovato nessuna traccia.
Bello e ben segnalato al contrario il 26, che così ho percorso in entrambe le direzioni e lungo il quale però non sono riuscito ad individuare nemmeno la biforcazione per il 39.
Per precisione informo inoltre che con il sentiero 55 è indicato anche un tratto di strada sterrata a nord dei monti S. Martino e Barbatoia.

29.01.2008 - Max

giovedì 24 gennaio 2008

Vandalismo & incuria


Segnalo con dispiacere un atto di vandalismo ai danni della baita in legno collocata sul monte Perone nella zona dei tavolini.

Per forzare la porta d'ingresso ne è stato divelto il telaio, quindi è stato spaccato dall'interno il doppio vetro di una finestra, il tutto condito dalle solite scritte e sporcizia.

Come se non bastasse, l'incuria e l'abbandono a cui è stata purtroppo condannata questa struttura ha fatto si che anche il tetto, specialmente nel lato sud, marcisse ed ora è in procinto di crollare.

Almeno questo poteva essere evitato con un minimo di manutenzione, magari affidandola a qualche associazione che se ne fosse presa cura...

24.01.08 - Max

lunedì 21 gennaio 2008

Bella prova di orientamento

In un affascinante percorso di circa 11 chilometri Maurizio, il leader dell’associazione Pioneering in the world, ha sapientemente collocato le 10 lanterne, e dopo aver suddiviso la dozzina di partecipanti in piccoli gruppi, mappe e bussole alla mano, dal parcheggio di S. Ilario verso le ore 10 ha dato inizio alla prova.

In compagnia di Sandra e di un Renato con le ali, strepitoso il suo viaggiare in salita, ho compiuto l’intero tragitto in circa quattro ore.
Squadra affiatata, condizioni meteo ottime, paesaggio incantevole, non potevo chiedere di meglio.
Un grazie quindi ai miei compagni di "gioco" e complimenti all’organizzatore.

20/01/08 - Max

venerdì 18 gennaio 2008

Diario GR20 - 2006

Trekking in Corsica dal 28/5/06 al 02/06/06
Premessa:
Prima della partenza ho dedicato molto tempo a leggere guide, diari altrui e pianificare possibili percorsi, alla fine scelgo di fare il tratto di GR20 da Col de Bavella a Vizzavona, che ci avrebbe impegnato da martedì 30 maggio a venerdì 2 giugno compresi.
Contrariamente a quanto programmato, le condizioni meteo modificheranno i nostri piani...


1° giorno – 28.05.06 – Domenica
Parto di buon mattino con la nave da Portoferraio delle ore 5 e 10, sbarco a Piombino e verso le 7 e 30 arrivo nella zona portuale di Livorno per l’imbarco sul traghetto della Corsica Ferries.

Dopo pochi minuti di attesa mi fanno salire a bordo, ed alle 8 e 15 in orario, partiamo alla volta di Bastia dove arriverò dopo 4 ore di navigazione.

Lascio Bastia verso le 12 e 30 ed un ora dopo con la N193 arrivo a Corte.
Trovo alloggio per la notte presso Kyrn Floor (Chez M. et Mme Valentini) a U San Giovanni 3 km a SUD di Corte sulla N193, luogo tranquillo e piacevole; quindi nel pomeriggio decido di fare un’escursione in auto fino a Vizzavona per acquisire informazioni sul luogo di arrivo del nostro futuro trekking.
Vicino alla stazione ferroviaria di Vizzavona prenoto una doppia a mezza pensione (84 €) per venerdì sera all’hotel “I Laricci”, quando arriveremo stanchi sarà molto utile.
Intanto il caldo è in aumento, il termometro segna 28°

2° giorno – 29.05.06 - Lunedì
Durante la mattina acquisto la cartina dei sentieri 1:25.000 (IGN 4251OT) e prendo informazioni sui rifugi e sulle codizioni meteo presso l’ufficio del Turismo a Corte.
Alle 15 circa arriva Mauro, partito stamani dall’isola d’Elba, fa ancora molto caldo 29°, quindi propongo un cambio di programma, e decidiamo di fare il tratto alpino del GR20 (da Col de Verghio a Vizzavona); così andiamo a Vizzavona a lasciare il mio Discovery.
Ci arriviamo poco prima delle 16, lo parcheggio accanto alla stazione ferroviaria, quindi trasferiti i bagagli ci dirigiamo a Cole de Verghio, dove arriviamo alle 18,30.

Alloggeremo all’hotel Castel di Verghio (90 € per 1 doppia a ½ pensione con bagno), una struttura un pò trascurata, ma l’accoglienza è cordiale ed il cibo è buono.

3° giorno – 30.05.06 - Martedì
Partenza da Col de Verghio: ore 7 e 15
Arrivo rifugio Manganu: ore 12 e 35
Chilometri percorsi: circa 16
Tempo impiegato: 5 ore e 20

Questa prima tappa sarà caratterizzata da un forte vento freddo per l’intera giornata, avvistiamo le prime tracce di neve presso Bocca a Reta (1883 m.), da dove si gode una vista bellissima del lago di Nino.


Arriviamo al rifugio Manganu (1.601 m.) fra i primi, il rifugio è ancora in fase di allestimento, così il “guardiano” non ci chiede il pagamento per la sosta notturna e l’uso della cucina (9,50 €), per i più temerari c’è anche la possibilità di doccia fredda, ma con quel vento Mauro è il solo che ci riesce!.

Nel pomeriggio il rifugio è completo, alcuni dovranno dormire in cucina e c’è chi passa la notte in tenda.
Parlando con altri ragazzi, veniamo a conoscenza di una tempesta in arrivo, e per poco non abbandoniamo con loro il Manganu per andare al Pietra Piana, ma preferiamo aspettare e decidere il mattino seguente se continuare sul GR20 o scendere a Corte per il Mare a Mare Nord.
La nostra si rivelerà una saggia decisione, infatti dopo circa 3 ore il gruppetto di arditi fa ritorno al rifugio stremato dal freddo nel tentativo di superare invano Punta alle Porta.

se non ricordo male il rifugio ha una capienza di 35 letti;
no segnale telefono

4° giorno – 31.05.06 - Mercoledì
Partenza da Manganu: ore 7 e 25
Arrivo rifugio Pietra Piana: ore 13 e 25
Chilometri percorsi: circa 9
Tempo impiegato: 6 ore

Al risveglio il tempo non sembra male, il vento è diminuito, anche se tornerà a soffiare a metà mattinata, così partiamo verso Pietra Piana.
La tappa si rivela dura, tocchiamo i 2235 m. di quota a Punta alle Porta, e quindi veramente esausti superiamo Punta Muzzella camminando ancora tra la neve.


Arriviamo al rifugio, molto bello, che ci sono ancora 7 posti liberi su 26; poco dopo è tutto pieno e la custode, felice di ospitare 2 “cugini” elbani, noleggerà varie tende agli ultimi arrivati.
Non posso sottrarmi ad una sferzante doccia fredda mentre Mauro, dato che c’è segnale, parla al telefono con la moglie.
Il pasto serale, preparato dall’affabile signora, è a base di figatellu, dolce locale e bottiglia di vino, una concessione che ci siamo meritati, e che in ogni modo ci costa 25 € a testa (pernotto compreso).

5° giorno – 01.06.06 - Giovedì
Partenza da Pietra Piana: ore 6 e 50
Arrivo Tattone: ore 10 e 50
Chilometri percorsi: circa 14,5
Tempo impiegato: 4 ore


Sveglia alle 5,30 sotto 15 cm. di neve, la segnaletica del GR20 è invisibile!!!
Fortunatamente un gruppo di abili trekkers guidati da un nativo di Calvì ci fanno strada nella tormenta di neve che ci apetta appena lasciato il rifugio; non ostante il maltempo, è impossibile non apprezzare il paesaggio, siamo passati dalle vette alpine di ieri ad una bellissima foresta con tanto di fiume (il Manganello) che scorre vicino al sentiero.
Quindi tutti insieme, superata alle 9 la Bergeries di Tolla, decidiamo di abbandonare il GR20 per la variante Mare a Mare Nord, che ci porterà fino a Tattone e da dove potremo raggiungere Vizzavona.

A causa della neve appena cuduta, preseguire per il rifugio dell’Onda sarebbe stato impossibile, perché da li avremmo dovuto superare punta Muratello a più di 2100 m. per scendere a Vizzavona.
Ovviamente scendendo di quota la tormenta di neve lascia presto il posto ad una leggera pioggia, che aumenterà vicino a Tattone.

Partiamo da Tattone alle ore 11 dopo aver salutato e ringraziato i nostri compagni d’avventura e ci incamminiamo per Vizzavona, piuttosto bagnati (sotto l’acqua dalle 9,30 circa) alle 11 e 50 recuperiamo il Discovery, ad una temperatura di 8° indossiamo gli abiti asciutti lasciati nell’auto e ci abbuffiamo al ristorante della Stazione.
E’ finità!

Dopo pranzo e con calma, torniamo a Col de Verghio per recuperare il Freelander di Mauro passando da Ajaccio e Porto con una breve sosta alle Calanche di Piana, su tutta la costa ovest fa caldo e c’è il sole, incredibile pensando a quello che abbiamo passato la mattina!
Così con una passeggiata di 155 chilometri che percorriamo in circa 3 ore e mezzo, torniamo all’hotel Castel di Verghio, dove passiamo la notte.

6° giorno – 02.06.06 - Venerdì
Partiamo da Col de Verghio ore 7 e 30 e dopo circa 100 chilometri arriviamo a Bastia verso le ore 10.00
Giunti al porto paghiamo una penale di 30€ per aver anticipato la partenza, quindi nell’attesa shopping.
Leggera pioggia a tratti.

Conclusioni
Niente da obiettare sull’attrezzatura, abbiamo avuto del materiale inutilizzato, ma che in ogni caso andava portato; per quanto mi riguarda una pinza per pentole mi sarebbe stata utile, e non ho dubbi nell’affermare che Mauro avrebbe desiderato tanto un paio di pantaloni lunghi!!!
Le scorte di acqua e cibo sono state calcolate perfettamente per un autonomia di 4 giorni.
Nelle cucine dei rifugi abbiamo sempre trovato un buon numero di pentole, piatti e posate, la possibilità di acquistare del cibo in scatola (mai fatto) o come a Pietra Piana di gustare piatti tipici cucinati dalla custode; per l’acqua nessun problema, ce n’è in abbondanza.
Mauro è stato un ottimo compagno di viaggio, e forse con altre 2 notti mi sarei anche abituato al suo fragoroso russare (la notte non aveva rivali!).

Unici rammarichi, non aver potuto prendere il treno, che per rifacimento dei binari era fuori servizio, e l’inaspettata affluenza nei rifugi (sempre strapieni).
Il GR20 è perfettamente segnalato, consiglio comunque di portare sempre una cartina della zona che si intende percorrere, per noi è stata utilissima nel pianificare l’alternativa da Pietra Piana.

Il tratto che abbiamo percorso ne è un po’ il cuore, e anche se sono state solo 3 tappe abbiamo avuto modo di vedere una gran varietà di paesaggi.
Mi pare superfluo decantarne la bellezza, auguro solamente a coloro che non ci sono mai stati di andarci e a chi conosce già la Corsica di tornarci, io spero di farlo quanto prima.

Max

mercoledì 16 gennaio 2008

Diario GTE - 2006

1° giorno

Zona portuale di Portoferraio, area autobus, quello per Pomonte dovrebbe partire alle 5 e 35 ma è solo alle 5 e 45 che le luci del torpedone ci tranquillizzano, pensavamo già alle possibili alternative!
Arriviamo comunque in perfetto orario, attraversiamo il paese e passando davanti ad un panificio, un pezzo di pizza ancora calda “cade” nello zaino di Mauro!
Ad onor del vero, Mauro se la mangia subito, mentre è Gaia che gli stiva i nostri pezzi nel suo zaino.
Più avanti notiamo l’indicazione di una fonte, dove è possibile fare il carico di acqua; ancora 100 metri e raggiungiamo il piccolo ponte in legno(1) che segna l’inizio del GTE con il sentiero 31, sono le 7 e 15.

Resetto il GPS, prendo nota dell’ora e via!
Si comincia a salire fra terrazze coltivate; dopo circa 850 metri di cammino il primo incrocio(2) fra il sentiero n° 9 che continua a costeggiare il fosso di Pomonte verso Est ed il 31 che gira a destra in direzione Sud Est verso il monte Orlano.
La salita diventa presto più ripida e con 11 kg sulle spalle, è opportuno dosare bene le forze; giusto il tempo di arrivare sull’Orlano che comincia a piovere, così sfruttiamo un caprile(3) come riparo, ed attendiamo pazientemente 55 minuti prima di riprendere il cammino sotto una pioggerellina leggera; l’umida attesa non ha giovato al mio tendine destro che comincia a pungere, ma cerco di non dargli importanza.

Oltrepassiamo un secondo bivio, una deviazione che congiunge il sentiero 31 al 35; superiamo poi il monte Cenno e le Mure felici nell’ incontrare ancora altri caprili, se la pioggia aumenta...
Superiamo il colle della Grottaccia, e poco dopo siamo al bivio(4) formato da quattro sentieri l’ 8, il 9, il 30 ed il 31; alcuni mufloni si fanno avvicinare fino a poche decine di metri, consapevoli di essere nel loro habitat ideale, per poi allontanarsi rapidamente a loro piacimento; intorno alle 11 cessa finalmente di piovere, e proseguiamo la salita in direzione di Malpasso(5), dove scolliamo nel versante nord alle 11 e 12 incrociando lo 00.

Subito sotto troviamo la biforcazione del GTE, ovviamente seguiamo il n° 5 verso Est ed alle 11 e 40 decidiamo di fermarci una mezz’ora per il pranzo.
Approfitto volentieri delle schiaccine sotto vuoto confezionate da Gaia, del resto per alleggerire lo zaino di un amico si fa questo ed altro!
Svegliamo Mauro che è riuscito pure a schiacciare un breve “pisolino” ed alle 12 e 30 attraversiamo la strada asfaltata(6) lasciando il n° 5 per il n° 18.

N° - Luogo Coordinate - GPS - Altitudine - Distanza km. - Orario
1 - partenza da Pomonte - N42 44.913 E10 07.540 - 33 m. - 0 - 7.15
2 - bivio fra s. 9 e 31 - N42 45.095 E10 08.017 - 139 m. - 0,9 - 7.31
3 - Caprile sull’Orlano - N42 44.750 E10 08.404 - 448 m. - 2,5 - 8.15*
4 - bivio fra s. 8 , 9 , 30, 31 . - N42 45.552 E10 09.786 - 623 m. - 5.6 - 10.14
5 - Malpasso - N42 46.123 E10 10.326 - 836 m. - 7.3 - 11.12
6 - Perone (asfalto) - N42 46.631 E10 11.990 - 617 m. - 10.2 - 12.30

* da questo momento l’orario è “ingrassato” dalla sosta forzata di 55’ nel caprile.

Evidentemente distratto dalla conversazione (come dice la moglie due cose contemporaneamente non riesco a farle...) non mi accorgo di un evidente segnale bianco rosso e così perdiamo il sentiero, fortunatamente sono solo 100 metri ed in pochi minuti torniamo sulla retta via.

La discesa diventa sempre più ripida ed il dolore al tendine adesso è veramente forte, così rantolando ed imprecando spero che il sentiero spiani il prima possibile.
Non è certo di consolazione il fatto che anche Mauro sia in difficoltà, il suo ginocchio sinistro è da tempo che lo ha lasciato...

Sorretti così da una ferrea volontà, ma più che altro trainati dalla valanga Gaia raggiungiamo lo sterrato più ampio avvolti dal profumo delle ginestre spinose in fiore (il pruno caprino per intenderci), circa 500 m. e arriviamo alle Solane, quindi abbandoniamo lo stradone(7) e superando il modesto monte Castello, raggiungiamo il Colle di Procchio(8) , sono le 14 e 22.

A questo punto lo zaino ha svolto perfettamente il suo compito: spaccarci irrimediabilmente le spalle e la sosta di 20 minuti é solo un effimero sollievo prima di attraversare il caldo asfalto della provinciale.
Un consiglio: nell’ attraversare non proseguite, come indicato sulla carta, nella stessa direzione da cui siete venuti, ma costeggiate la provinciale in direzione Sud per prendere il primo asfalto sulla sinistra; questo perché la fine del n° 18 è erroneamente tratteggiata più a Sud.

Siamo sul 44, inizialmente in asfalto, e grazie nuovamente alla nostra carta dei sentieri, che all’altezza del campo sportivo indica di seguire la destra, commettiamo un altro errore che ci costerà circa 15 minuti per poi riattraversare il ponte e fare rotta tenendo la sinistra per casa Miliani (lo sapevo che bisognava passare di qui!).
Raggiungiamo un grosso rudere dove, come se non bastasse, il n° 44 comincia decisamente a salire ed il sole a picchiare sulla schiena.

Poco prima di congiungersi con il più ampio sterrato del sentiero 48(9), nell’attendere i miei compagni, desto l’interesse di una vipera ancora mezza addormentata, ed è solo grazie al grido di Gaia che evito di calpestarla... dite che mi ha salvato la vita?
Non credo, si era solo spaventata.

Sostiamo 10 minuti per bere e riprendere fiato e proseguiamo sul 48 fino ai pressi di Buca di Bomba(10), intersezione fra i sentieri 48, 55 e 65, dove lo abbandoniamo per il più impegnativo ma panoramico 65, che ci fa passare dal monte S. Martino (Termine(11) e dal monte Barbatoia, per poi continuare sul trafficato stradone militare.

Esausti, procediamo per inerzia, calamitati verso la fattoria di monte Orello, con le scorte di acqua oramai agli sgoccioli attraversiamo l’asfalto di Colle Reciso(12) passando dal 65 al 64, quindi superata fonte Schiumoli(13) attraversiamo il ranch di Antonio, mancano poche centinaia di metri, e finalmente alle 18 e 05 raggiungiamo la fine della tappa; proprio sotto di noi c’é la villa che ci attende per la notte!

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km.- Orario
7 - S 18 - N42 46.758 E10 13.393 - 180 m. - 13,4 - 13,39
8 - Colle di Procchio - N42 46.709 E10 14.778 - 49 m. - 16,1 - 14,22
9 - bivio fra s. 44 e 48 - N42 46.510 E10 16.342 - 243 m. - 19,1 - 16,00
10 - bivio fra s. 48 , 55 e 65 - N42 46.780 E10 16.345 - 284 m. - 19,7 - 16,20
11 - Termine - N42 46.584 E10 16.615 - 368 m. - 20,3 - 16,35
12 - Colle Reciso - N42 46.892 E10 18.732 - 201 m. - 24.0 - 17,27
13 - Curva dopo f. Schiumoli - N42 47.084 E10 19.299 - 162 m. - 25,1 - 17,46
14 - Arrivo fattoria m Orello - N42 46.959 E10 19.558 - 246 m. - 26,3 - 18,05

Benché fisicamente molto provati, l’ alloggio per la notte si rivela un vero toccasana, il freddo dovuto soprattutto alla stanchezza ben presto svanisce di fronte al caldo tepore di un bel caminetto acceso, e lo scoppiettio della legna diventa ben presto una piacevole melodia.
Gaia prepara un ottima cena che non poteva concludersi che con una bella bottiglia di rosso portataci dall’amico Maurizio.
Telefonicamente, abbiamo sentito più volte l’amico Alberto, avrebbe voluto unirsi a noi, ma impegni di lavoro l’hanno trattenuto; con l’ultima chiamata ci comunica di raggiungerci al mattino per la seconda tappa.
Dubbiosi sulle nostre capacità di recupero, confortati comunque dalle considerevoli ore di sonno a disposizione, ma soprattutto dalla bustina di Aulin presa dopo cena, alle 21 e 30 andiamo a dormire, perplessi sul domani.


2° giorno

Se il mattino ha l’oro in bocca non lo so, ma di sicuro la dormita ed il robusto analgesico ci hanno rimesso in sesto, e senza nemmeno consultarci ci prepariamo per la seconda tappa.
Con un mesto messaggino Alberto ci avvisa di dover rinunciare, peccato (per lui), ma tanto è giovane ed avrà certo occasione di riprovarci....

Facciamo colazione, prepariamo gli zaini già alleggeriti dal cibo consumato la sera prima, decidendo di lasciare in custodia al disponibile signor Giorgio (il responsabile della fattoria), i sacchi a pelo e altre cose inutili, risultato? abbiamo risparmiato circa 3 kg.!

Sono le 7 e 30 e le basse nubi sospinte dallo scirocco non ci intimidiscono, partiamo in direzione del monte Orello(15).
Raggiunta la vetta, mi rendo conto di avere dimenticato le borracce sul tavolo della cucina, così mi aggiudico il premio di bella fava, che consiste nel posare lo zaino e correre a prenderle; 15 minuti di “puro divertimento”.

Riprendiamo a scendere alle 8 e 17 lungo il sentiero che costeggia il fosso dei Catenacci fino a casa Marchetti(16).
Quindi, come indicato facciamo un breve tratto lungo la strada provinciale, per poi girare a sinistra sempre sul lungo 63.
Sono le 9 e 37 quando raggiungiamo lo sconnesso sterrato del Buraccio(17), continuiamo a salire dolcemente fino ad arrivare al bivio con il 77(18), quindi alle 10 ci fermiamo al riparo per una colazione.

Riprendiamo il cammino dopo 20 minuti continuando a salire, rientriamo così nelle nuvole, schiacciate contro il crinale dal fastidioso vento di Sud Est che ci costringe ad indossare la giacca.
Superata Cima del Monte(19) , incrociamo un nutrito gruppo di turisti tedeschi incuranti dell’ aria e del terreno certamente non adatto alle loro calzature.
Nel tratto in discesa che ci avvicina alla strada asfaltata20 del Volterraio, il sole comincia a farsi vedere, e da questo momento ci seguirà per il resto della giornata.

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km.- Orario
15 - Monte Orello - N42 46.815 E10 19.274 - 377 m. - 1,1 - 7,49
16 - Casa Marchetti - N42 46.744 E10 20.829 - 47 m. - 4,4 - 8,51*
17 - Sterrato del Buraccio - N42 46.989 E10 22.047 - 166 m. - 7,0 - 9,37
18 - bivio fra s. 63 e 77 - N42 46.754 E10 22.584 - 242 m. - 8,0 - 9,53
19 - Cima del Monte - N42 47.704 E10 23.428 - 507 m. - 10,7 - 11,03
20 - Asfalto fine 63 inizio 62 - N42 48.504 E10 23.592 - 330 m. - 12,3 - 11,39

* da questo momento l’orario è “ingrassato” di 15’ per recupero borracce.

Riprendiamo per l’ampia salita sulla destra del monte Capannello (sentiero 62), fino a raggiungere una vetta vicina(21), il panorama e veramente superbo, il castello del Volterraio sembra proprio inespugnabile, e sotto di lui la valle del Frasso e quella delle Foreste, mostrano fiere la loro bellezza.
Da qui è un sali scendi fino allo Strega(22), superato il quale, l’impegnativa discesa ci conduce all’Aia di Cacio, sono le 12 e 37.

Abbandoniamo il crinale continuando a scendere fino alle 13, dove in un gradevole tratto in ombra decidiamo di fermarci per pranzare e recuperare le forze per quella che dovrebbe essere l’ultima salita impegnativa.
Mezz’ora di relax e via verso l’ultima sfida, almeno così dice Max (che sono io); calpestiamo per pochi metri la strada della Parata(23), per cominciare a risalire le pietre del monte Grosso(24) sul sentiero 61.

Il sole ed il brutto terreno sassoso sembrano volerci sfidare, accetto, ed inarrestabile arrivo sulla vetta del monte in 30 minuti, è il mio momento di gloria!
Sono così entusiasta che non tolgo nemmeno lo zaino dalle spalle ed aspetto Gaia e Mauro che dopo poco si affacciano fra la bassa vegetazione.
Una bevuta e cominciamo la discesa calcolando già il probabile orario di arrivo a Cavo, superiamo l’insegna dell’agriturismo dell’Amandolo(25) lasciando il 61 per il 60; il paese e proprio sotto di noi, tuttavia il GTE, come ultimo scherzo, ci allunga il tragitto di qualche chilometro.

I piedi cominciano a bruciare, e ad ogni passo i sassi pungono sempre di più, ma ormai niente può più fermarci, nemmeno i continui tornanti che ci tengono sempre vicini al mausoleo Tonietti, “...ma quando finiscono...” mi domanda Mauro più volte, “...presto, presto, ...vedrai, alla prossima curva...” rispondo sicuro, ma sò una sega.
Il rumore delle onde che si infrangono sulla costa diventa sempre più forte, ci affacciamo sulla spiaggia di Capo Castello alle 16,31; è finita!!!

Un raduno di vespe e lambrette sul lungomare, crea una piacevole atmosfera di festa, e per noi lo è veramente; aspettiamo seduti l’arrivo del signor Nino (il padre di Gaia) che gentilmente si è offerto di venirci a prendere in auto; meglio di così non poteva finire.

N° - Luogo - Coordinate GPS - Altitudine - Distanza km. - Orario
21 - Vetta al Capannello - N42 48.785 E10 23.446 - 408 m. - 13,0 - 11,56
22 - Monte Strega - N42 49.384 E10 23.891 - 425 m. - 14,4 - 12,25
23 - Asfalto Parata - N42 50.630 E10 24.019 - 138 m. - 17,7 - 13,52
24 - Monte Grosso - N42 51.153 E10 23.981 - 340 m. - 18,9 - 14,24
25 - Amandolo - N42 51.486 E10 24.637 - 91 m. - 21,2 - 15,09
26 - Spiaggia di Frugoso - N42 51.981 E10 25.168 - 12 m. - 26,8 - 16,31

Ormai stanco per le ore passate davanti al computer per dare (spero) degna memoria a questa nostra avventura, non posso non pensare all’amico Alberto, impegni di lavoro non gli hanno consentito di essere uno di noi, e so che ci teneva tanto.
La bellezza dei luoghi attraversati, i profumi, le immagini, la sofferenza e la gioia di questi indimenticabili due giorni rimarranno sempre con noi, ...sarebbe stato bello dividerli anche con gli altri amici.


Portoferraio 01.05.2006
Gaia, Mauro e Max
(...“chi un ci conosce, sa’ na sega chi siamo!”...)

martedì 8 gennaio 2008

Sentieri che passione....

Quando decido di fare una bella camminata è sempre una magnifica giornata, e non solo per le condizioni meteorologiche.
L’idea di potermi tuffare in un nuovo mondo di profumi e silenziosi paesaggi è una sempre una grande gratificazione.

Sono passate da un pò le otto del mattino, e l’umida aria di fine novembre è molto meno fredda di quel che pensavo.
Parcheggio il Discovery accanto alla recinzione del campo di calcio di San Piero, probabilmente nel primo pomeriggio sarà animato da grida e colori ma ora tutto tace, investito dai primi raggi del sole solo un cane, prematuro spettatore, sembra attendere impaziente il fischio d’inizio.

Decido di alleggerire subito il vestiario e mi tolgo la vecchia e scolorita giacca in Gore Tex a cui sono troppo affezionato legandola all’esterno dello zaino, qualora si alzasse vento potrò indossarla rapidamente.
Con la stessa fierezza con cui un reduce di guerra fa mostra delle sue cicatrici faccio sfoggio orgoglioso di alcuni fori della sua manica destra, regalo di un fitto intreccio di pruni che attraversai durante un’appassionante gara di orientamento qualche anno fa.
I bastoncini da trekking e le due borracce fissate agli spallacci dello zaino che mi guarniscono il torace, completano l’attrezzatura conferendomi un aspetto molto più professionale di quanto in realtà io sia.

Oramai il mio Garmin Summit ha agganciato un sufficiente numero di satelliti, il che mi garantisce una discreta precisione nel tracciare il percorso, lo resetto, cancellando le precedenti tracce e lo fisso grazie alla sua custodia di protezione in alto sulla fibbia dello zaino, do un ultimo sguardo alla mappa per memorizzare la direzione e mi metto in cammino.

Il sentiero 35 inizialmente segue un’interpoderale fino ad un masso di granito, dove svolta a sinistra e restringendosi continua con un’ascesa graduale.
Mentre la suola dentata degli scarponi morde la terra umida e sabbiosa del terreno, supero con scarso interesse quello che sembra un fatiscente recinto di polli, e mi ritrovo lungo una salita lastricata che proviene dalla cava sottostante, senza dubbio un tempo trafficata via di transito per coloro che facevano della lavorazione del granito la fonte del loro sostentamento.

Non presto la dovuta attenzione ad un’anonima deviazione sulla sinistra e proseguo dritto lungo quello che ritengo il sentiero principale, sarà un grave errore.
Benché a prima vista mancante di quella caratteristica segnalazione bianco rossa, che peraltro trovo lungo quello errato, avrei dovuto investigare di più su quella biforcazione… ma con il senno di poi è sempre tutto semplice.

Ben presto mi rendo conto che sto andando fuori rotta, la mia attenzione non è più dedicata all’avvenente paesaggio circostante e con passo sempre più svelto cerco freneticamente indizi di conferma su dove mi sto muovendo.
Il mio pensiero corre sempre più a colui che si è preso l’onere di marcare così malamente il sentiero, così dopo qualche minuto, saluto con un colorito rosario l’incontro con un’indicazione del sentiero n° 7, esattamente l’opposto di dove sarei dovuto andare!

Bagnato da un sudore di rabbia più che di fatica, decido di continuare sul 7, lo conosco e so dove mi porta: alle Piane al Canale da dove con il 34 incrocerò l’agognato 35!
Affronto la salita con notevole impegno, smaltire la rabbia e recuperare il tempo sprecato sono i miei momentanei principali obiettivi.


Il terreno solcato dagli acquazzoni, mi riporta alla memoria le prove di abilità di amici, quando molti anni fa, alla guida dei loro fuoristrada si allenavano a superare impegnativi twist; una particolare situazione in cui il veicolo, nell’attraversare diagonalmente per esempio un fossato, poggia solo con una ruota anteriore e l’opposta posteriore, ciò ne pregiudica ovviamente la trazione, a meno che l’auto sia dotata di blocco dei differenziali… o di un esperto pilota.

Alle Piane al Canale senza fermarmi, approfitto del breve tratto pianeggiante dove il 7 ed il 34 procedono affiancati per riprendere fiato e bere un sorso d’acqua fresca.
L’area circostante mostra ancora i segni del nefasto incendio del 2003.
La bassa vegetazione ha ricoperto buona parte del terreno ma non è ancora riuscita a cancellare i tronchi scheletrici dei pini che un tempo rigogliosi formavano un bellissimo bosco.
Nelle radure decorate da felci nascondevamo sapientemente bersagli di varie dimensioni, erano i primi anni novanta e questa era la nostra meta prediletta per organizzare le gare di tiro con l’arco.
Non potevamo chiedere di meglio, sottobosco pulito, perfetti giochi di luce, morfologia del terreno che alternava zone pianeggianti a dislivelli di varie forme e grandezze, e la vista poi, riusciva ad incantare gli arcieri di tutta Italia… ne siamo sempre stati orgogliosi.
A quel tempo lo praticavo a livello agonistico, con un ridotto ma affiatato gruppo di arcieri: la 09 ALCE.

Ancora assorto in qui piacevoli ricordi supero il bivio con il 30 che porta alle Macinelle e raggiungo Pietra Murata.
Il Masso alla Quata e la più alta vetta delle Calanche alle mie spalle si stagliano immobili nell’azzurro versante nord, di fronte a me invece solo pochi massi mi nascondono la vista della piatta e piccola Pianosa.

La salita finalmente è terminata, almeno per un po’ ed in pochi minuti con una sconnessa discesa raggiungo l’intersezione con il 35.
E’ passata un’ora e mezza dalla mia partenza e di fronte al piccolo scoglio che ne marca il punto, resto titubante sul da farsi.
Il saggio grillo parlante che porto quasi sempre con me, mi suggerisce di proseguire a destra verso ovest, ma stranamente non oppone troppa resistenza ad accettare la mia proposta tanto assurda quando testarda di voler capire dove ho perso il 35; così accetta di seguirmi, limitandosi “solo” ad impormi un’andatura veloce, e chi mi conosce sa cosa intendo.

Mi tuffo in quella che interpreto come una speciale, come se i già fatti 5,6 chilometri di salita fossero solo un lontano ricordo, il passo svelto concessomi dallo sviluppo pressoché pianeggiante del percorso mi mette subito di buon umore ed agitando rapidamente i miei bastoncini Gabel evito i bassi mucchi di cisto come uno sciatore i paletti del suo migliore slalom speciale.

Supero il mulino del Moncione senza fermarmi, concedendomi solo il salto indietro nel tempo che attraversare quel luogo evoca immancabilmente in ogni viandante.
Una stretta lastra di granito aiuta a superare il piccolo rivolo d’acqua, luogo di ristoro per animali e piante.

Sento di essere vicino alla meta, il sentiero si allarga e per un po’ ritorna ad essere la vecchia strada scassata di una volta, solo un ultimo ampio tratto ricurvo mantiene ancora desta la mia curiosità.
Un grosso masso con un piccolo cippo in granito accanto sembrano confermare che ci sono, ed infatti pochi metri e incrocio quel tratto lastricato che avevo percorso inizialmente in salita!


A prima vista l’assenza di segnali o indicazioni pare confermata, ma guardando bene mi rendo conto che in effetti la deviazione era segnalata, una freccia rossa di circa sei centimetri è stata segnata a terra su una pietra proprio ad indicare l’imminente svolta a sinistra.
Resto stupefatto ed affascinato dalla grandezza di quel tratto, dedicare anche pochi secondi per redigere quella piccolo sbaffetto deve veramente aver appagato il diligente marcatore di sentieri.
Marco il waypoint nel Summit e torno indietro velocemente cercando di dare un volto a questo diabolico personaggio.


L’ottimismo mi accompagna anche lungo il ritorno, solo il mio interesse stavolta è dedicato maggiormente al paesaggio piuttosto che alla ricerca dei segni bianco rossi.
Brezza leggera e correnti si divertono a disegnare sulla superficie del mare un affresco in continuo movimento, mentre alcune nuvole si lasciano cullare dalle ultime forze di un grecale che da questa notte non ha più voglia di soffiare.

Ritorno al piccolo scoglio bivio con il 34 dopo poco più di un’ora, sono le 11 e 08 ed intanto i chilometri fatti sono già quasi 11.
Questa assurda deviazione mi è costata tempo e fatica, non che la cosa mi disturbi più di tanto, ma dato che ho promesso di rientrare a casa nel primo pomeriggio, temo solo di non riuscire a mantenere la parola data.

Il nuovo tratto continua a scendere, passo un prunaio fortunatamente senza danni, e chinandomi un po’ per evitare le basse fronde di un albero, attraverso il piccolo corso d’acqua del fosso dei Malocci.
Benché dotato di un buon paio di scarponi de La Sportiva con suola in Vibram, sento subito che il tratto di roccia umida su cui mi sto muovendo non è affatto sicuro, cercando di usare la massima attenzione, scarico parte del peso sui bastoncini da trekking, ma anche questa soluzione non sembra migliorare molto le cose, i puntali ormai consumati da chilometri di strada hanno perso tutto il grip di quando erano nuovi.
Con un ultimo balzo, roba da far morire da ridere anche il più malandato muflone, esco da quella zona scivolosa, ed in costante discesa supero anche il successivo fosso dell’Inferno.

Benché passati molti anni, ricordo benissimo e con nostalgia quando ancora nel buio della notte, fucile in spalla attraversavo questi luoghi insieme a Valerio e Marino.
Quelle cacciate in compagnia si risolvevano quasi sempre in tante risate e poca selvaggina, e forse proprio per quello le rimpiango ancora.
Abituato alla silenziosa difficoltà della caccia con l’arco, apprezzavo volentieri quelle camminate spensierate dove la principale vittima erano i nostri cappelli.
Lasciarlo incustodito anche per un solo istante equivaleva a vederlo volare in aria trafitto nel peggiore dei casi da una scarica di pallini.
Altri tempi, altre età… beh forse solo altri tempi!

Nel vederla sulla mia destra, ripenso ora soddisfatto alla piccola piramide di pietra che poco tempo fa ho realizzato per marcare il brusco cambio di direzione del 35, altra giornata di arrabbiature per la negligenza con cui vengono segnalati alcuni sentieri, o per lo meno alcuni tratti.
Continuare per l’ampio cammino sarebbe stato un altro imperdonabile errore che mi avrebbe portato dentro un podere privato di un certo Claudio, come recita il cartello al lato del cancello.

La dura salita zigzagante fortunatamente è di breve durata, per lo meno nella fatica, e nel riprendere fiato con un involontario secco colpo di tosse, metto in fuga una coppia di mufloni che tranquillamente camminavano avanti a me, sorrido nel vederli sparire ed approfitto delle piacevole distrazione per mangiarmi alcune corbezzole mature che mi vengono gentilmente offerte dalle piante alla mia destra.

Alle 11 e 47 incrocio il numero 8 che taglia quasi perpendicolarmente il 35, come frettoloso di salire sotto la Grottaccia e raggiungere poi Malpasso; 5,5 chilometri di calvario che dai circa 13 metri sul livello del mare di Seccheto in pressoché costante ascesa portano fino agli 843 metri di Malpasso; prima o poi dovrò provare a farlo anche in salita!

Addentrandomi in una più fitta vegetazione, raggiungo un nuovo bivio, questa volta privo di segnalazione, a destra poco più in alto scorgo una piccola costruzione in muratura, forse una stazione di pompaggio dell’acqua, opto così per la sinistra pregando che sia la scelta giusta, per oggi ne ho abbastanza di giri a vuoto e so bene che chiedere aiuto alla cartina è perfettamente inutile.
Fortunatamente stavolta la scelta è indovinata, e sempre salendo raggiungo la deviazione che sotto monte Cenno porta verso il GTE.
Un vero peccato che alcune nuvole basse precludano la vista, lo spettacolo sarebbe stato eccezionale.

Da questo punto in poi il sentiero segue piuttosto agevolmente il crinale della collina che separa Seccheto da Fetovaia fino ad un grosso masso su cui con vernice fresca è ben riportato anche il numero 35.
Procedere oltre, come evidenziato nella cartina da una lunga serie di puntini, è più difficile, perché del sentiero nessuna traccia.
Così dopo aver appoggiato il gps su un sasso per evitargli di registrare tracce fasulle, perdo una decina di minuti nel vano tentativo di trovare qualche indizio su dove passare.

Non mi resta che tirare dritto per quella che ritengo la direzione giusta, aiutato dalla bassa e non troppo fitta vegetazione che in una zona rocciosa e così esposta al vento fortunatamente non ha avuto modo di svilupparsi troppo.
Dopo pochi minuti di fuori pista noto a ore 2 una piramide di pietre, mi sposto subito in quella direzione, scoprendo con mio piacere uno stretto varco fra i mucchi di cisto marino.
Per circa 400 metri contino a scendere verso sud est, costantemente aiutato dalle piramidi di sassi poste qua e là, fino a raggiungere un’indicazione che indirizzandomi a destra mi porta su quella che ritengo una vecchia abbandonata strada sterrata, almeno la sua larghezza sembra farlo pensare, e che con un costante e graduale semicerchio mi riporta in direzione di Seccheto, il n° 37.

Mi rilasso nel costeggiare le abitazioni di via della Greppa, ed il mio stomaco ne approfitta subito per ricordarmi che gradirebbe un po’ di cibo, solo le 12,15 ed è ora di pranzo.
Attraverso così il piccolo paese ed approfitto di un soleggiato tavolo del bel vedere lungo strada per sedermi e gustarmi del grana e svariati clementini.

15 minuti di sosta sono più che sufficienti, ed il saggio grillo mi ricorda che la passeggiata non è ancora terminata, devo ancora tornare alla mia Land Rover a San Piero!
Incoraggiato da un tiepido sole percorro il breve tratto asfaltato incrociando un paio di automobilisti decisamente incuriositi dal mio abbigliamento, mentre nel parcheggio antistante la spiaggia di Cavoli una coppia già di una certa età invita il proprio cane a rimontare in auto, evidentemente anche per loro è ora di pranzare.

Attraverso l’asfalto e mi incammino per via del Morione, arrivando fino al campo di calcio di Seccheto, completamente in abbandono.
Di fronte al cancello divelto ed alle sterpaglie giro a destra in direzione nord est, costeggiando successivamente la proprietà di alcune ville che dominano la spiaggia sottostante.
Quindi sulla sinistra un cartello in legno indica con il simbolo di una bicicletta una pista ciclabile che porta a San Piero, la imbocco.

Quanto possa essere ciclabile questo percorso non lo so, per le mie modeste capacità di biker comunque sconsiglio vivamente di farlo in mtb, per lo meno in salita come sto facendo io.
I quasi 19 chilometri fatti adesso si fanno sentire tutti, non solo nelle gambe, anche il fiato comincia a mancarmi.
Farei volentieri a meno di zaino e bastoncini, pur di eliminare il peso che mi porto dietro, ma non posso.
Stringo i denti spinto solo dalla volontà di arrivare, per lo meno alla fine di questa estenuante salita, poi sarà solo uno stradone pianeggiante a condurmi alla meta.

Alle 13 e 18 arrivo finalmente sui campi puliti di Castancoli, ormai solo 1,6 chilometri di strada sterrata mi separano dall’arrivo.
Li percorro in meno di 20 minuti, ed alle 13,37 spengo il gps e salgo in auto.
Piuttosto stanco avvio il motore, prima di ingranare la marcia finisco la poca acqua rimasta della seconda borraccia, è finita e con soddisfazione mi avvio verso casa.

25.11.2007 Max